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niente-fisco-siamo-inglesidi Federico Ruffo - 23 marzo 2015
Londra è il più grande paradiso fiscale. Nel cuore dell’Europa. Bastano un paio d’ore e senza documenti si crea una società. Così lo Stato italiano per de miliar di su miliardi, ma nessuno dice niente.
È come essere in mare aperto, ma senza essere in mare. “Off Shore”, dicono gli addetti ai lavori. Niente imbarcazioni, ma 14 linee di metropolitana, le più efficienti del mondo, che ogni giorno spostano 606mila esperti fiscalisti, avvocati. La marea si muove in 3 ondate, ad orari fissi. Ore 7.45: la marea arriva nella City. Ore 12.45: la marea si muove dagli uffici ai ristoranti fatti di mattoni rossi e vetrate affacciate sul Tamigi. Ore 17: la marea si ritira verso casa. Un’efficienza assoluta, in cui non sono ammesse sbavature, perché è su di essa che si fonda la movimentazione di oltre 400 miliardi l’anno. Sull’affidabilità, sull’efficienza, ma soprattutto su una politica fiscale “attrattiva”, come dicono da queste parti. Il che tradotto vuol dire: “Qui, fiscalmente parlando, tutto è possibile”. Perché siamo in Inghilterra, mica a Panama: nessuno verrà a chiedervene conto. Un paradiso fiscale, di fatto. Londra è una zona franca, nascosta in piena vista. Perché l’aliquota sulle persone giuridiche (quindi sulle aziende) è appena il 20% (tra le più basse d’Europa), ma con qualche trucco la si può ridurre fino al 5%, se ti affidi a dei consulenti di “finanza creativa” puoi arrivare a 0. Soprattutto a Londra, senza troppi sforzi, puoi sparire.
È questo che fanno gli squali che continuano a sfrecciarmi accanto, mentre aspetto il mio “pentito”: garantiscono “efficienza fiscale”, ma senza doversi rivolgere a paesi lontani, economie incerte e democrazie instabili.

Da Amazon a Google, qui trovi i colossi
Per questo, chi può scegliere, viene qui. Le 500 maggiori società del mondo hanno almeno una sede nella City. Amazon, Facebook, Cisco, Google. Loro hanno addirittura brevettato “l’elusione di ritorno”: hanno spostato parte degli utili in Irlanda (concordando col governo tasse sotto l’1%), poi se le sono fatte rimandare indietro sulle consociate inglesi sotto forma di prestito, e i prestiti non sono tassabili e si detraggono. Risultato: tasse 0.
Sergio Marchionne, che agli americani guarda con certo rispetto, non ha voluto restare indietro, quindi da un anno anche la FCA, quello che resta della Fiat unito a quello che resta della Chrysler, ha spostato la propria sede fiscale a Londra. Anche se, hanno voluto precisare subito, continueranno a pagare le tasse nei paesi in cui producono. La sede legale invece è finita in Olanda, altro paradiso in piena vista, sotto indagine UE per aiuti di stato e in cui si perdono le tracce dei soldi del colosso Ikea. Camminano tutti a testa bassa, fissando la prima pagina del Guardian su cui campeggia l’insegna della HSBC appena travolta dall’ennesima rivelazione di conti correnti milionari nascosti nelle filiali svizzere. Quello che gli interessa è l’elenco degli imprenditori inglesi coinvolti, che ora non potranno più nascondersi.
«Tutti quanti sapevano cosa fa la HSBC e chi aveva nascosto i propri soldi. Anche il governo britannico ha sempre saputo, ma non ha mai mosso un dito per frenare il fenomeno, anche perché se operi finanziariamente a Londra, non hai bisogno di andare in Svizzera a nascondere i soldi, puoi fare tutto qui».
Ha enormi occhi blu John Christensen, ipnotici. Ti cattura e poi riesce a spiegarti l’alta ingegneria fiscale in un modo che potrebbe capire un bambino di 6 anni. Il tempo di un caffè, poi chiede di spostarci a casa sua, fuori Londra.
Non lo amano nella City, e lui non ama gli squali, pur essendo stato uno di loro, forse il migliore della sua generazione. Perché per uno che è nato sull’Isola di Jersey, forse la più efficiente sulle isole del canale con tasse 0, diventare consulente economico è un destino a cui non si sfugge. Quindici anni alla “Touch” come promoter, a vendere trust, compagnie anonime, società dietro cui nascondersi e nascondere tutto quello che vuoi. Poi 11 come consigliere del governo del Jersey. «Giravo il mondo per spiegare a chiunque, aziende, multinazionali, sceicchi, ma soprattutto altri governi, cosa era possibile fare in Jersey. Mi sono passati davanti miliardi di dollari, tutti esentasse. Poi un giorno mi ritrovo ad Hong Kong, davanti a un funzionario del governo. Stiamo cenando, ordino champagne a fiumi senza neanche preoccuparmi di quanto costi, siamo completamente spesati, basta portare i soldi nel Regno Unito. Gli illustro alcune possibilità, lui è felicissimo, mi parla di montagne di soldi. Finchè non mi spiega che li vorrebbe far transitare da altri conti offshore in paesi africani, centroamericani. È a quel punto che capisco che non stiamo parlando di un governo che vuole fare affari: erano mazzette, soldi che il funzionario stava rubando e voleva nascondere. È stato il mio ultimo giorno di lavoro». Poco dopo Christensen ha fondato “Tax Justisce”, una rete internazionale che investiga sull’evasione fiscale e promuove conferenze, gruppi, manifestazioni. «Devi capire che Londra è il più grande paradiso fiscale al mondo. È la piazza finanziaria più importante del pianeta, non esiste un altro posto dove si movimentano così tanti soldi o proprietà. E nessun’altra potenza occidentale possiede, al suo interno, così tanti paradisi fiscali con cui collaborare. Il Regno Unito ha fatto dell’interazione con i propri paradisi fiscali una parte centrale della strategia di sviluppo!».
«Vuoi un esempio? Nessuno sa realmente quante Limited esistono al momento in Inghilterra, ma sai come funziona una LTD? La apri in meno di 24 ore, dentro ci metti quello che vuoi e chi vuoi, ma lo saprai solo tu! Nessuno può sapere chi sono il beneficiario o il direttore o gli azionisti. Quindi basta aprirne una e spostare al suo interno i soldi o le proprietà che vuoi far sparire. Se poi non ti senti ancora abbastanza sicuro, prendi la Limited, vai in Jersey e la metti dentro ad un Trust!». E un Trust come funziona? «Prendi un avvocato, un pezzo di carta, e siglate la creazione del trust. Non è neanche una società, è un accordo con valore societario. E può contenere quello che vuoi: compagnie, immobili, tutto». E se un’autorità straniera chiede di sapere di chi è il trust? «Sono le autorità del Jersey a decidere se darti le informazioni o no, ma la legge locale stabilisce che se il giudice dell’isola ritiene che un tribunale straniero abbia già abbastanza elementi per investigare, può rifiutarsi di fornire i dettagli di un trust. E se anche dice di si, non c’è un archivio: l’unico foglio è quello che ha in ma- no l’avvocato che lo ha redatto». E se lo obbligano a fornire i dettagli del trust? «Nella mia esperienza non è mai successo, ma per stare al sicuro fanno un altro gioco da qualche tempo: nel trust c’è una LTD, ma la LTD è intestata non a delle persone, ma ad altre due società di diritto di un altro paese, spesso Panama. Quindi gli investigatori vanno a Panama, un altro paradiso, dove le due società risultano a loro volta intestate ad altre due società anonime a Singapore, e così via. Puoi girare anni prima di trovare un solo nome, che di sicuro è una testa di legno di 100 anni».

Dove la City parla italiano
Di società ce n’erano centinaia, tutte con siti in italiano, ma quasi tutte pretendono 1500 euro solo per aprirti la porta e fare una prima consulenza. Sono fortunato però: gli studi più rinomati si comportano da gentlemen, non si paga per stringere la mano. Così finisco dal migliore, nel pieno della City. Un palazzo con portieri in livrea che registrano chi entra e chi esce con documento e firma.
Sembra più una modella che una segretaria quella che viene ad aprirmi. Italiana, direi veneta dall’accento, come tutti i giovani che lavorano nello studio. Mi infilano in una sala riunioni affacciata sullo skyline. Ho dovuto studiare bene la mia parte, non sono un esperto di economia, rischio che scoprano il mio bluff alla prima domanda. Ho un’azienda informatica, produco applicazioni per smartphone, quindi brevetti. Un tipo di attività che non richiede grandi investimenti o attrezzature e che si può spostare in pochissimo tempo. Arrivano il boss e una donna avvocato, sua figlia. Sessant’anni anni, veneto anche lui, nessun segno di sfarzo, sembra quasi annoiato dalla banalità di quello che gli chiedo.
«Vorremmo togliere una parte consistente dei nostri guadagni dal fisco italiano, che possibilità ci sono?». «Lei e i suoi soci potete costituire una LTD che subentra nei contratti alla srl italiana e poi dà in subappalto la produzione delle applicazioni! In questo modo voi trasferite in Inghilterra una parte importante degli utili, senza avere le problematiche di dover lavorare in Italia! Perché il problema è che la srl lavora in Italia, i dipendenti lavorano in Italia, voi sarete residenti fiscalmente in Italia! Se invece si crea una LTD, si mette un amministratore residente inglese, facciamo una società con le azioni al portatore qui, ecco che sparite!».
Mi faccia capire: quindi è come se noi iniziassimo a lavorare per conto di questa LTD, ma siccome la LTD è qui a Londra e non è intestata a noi, nessuno può legarla a noi e cheiderci le tasse? «Il discorso è questo: le applicazioni in giro per il mondo le vende la LTD, la srl produce in nome e per conto della LTD!».
Quindi è come se lavorassimo in subappalto! «Esatto! Anche per salvare le apparenze! Infatti è importante che le cifre che la LTD vi paga per finta per lavorare per loro siano credibili! Un minimo di tasse dovete pagarle ancora! Per il resto: la sede ve la diamo noi, qui da noi! L’amministratore inglese della LTD anche, ma stia tranquillo perché non ha procura sul conto corrente! Deve solo mettere firme e presentare le dichiarazioni!»
E se arriva la Finanza?
«Ma lei non ha nessuno nella LTD! Non è proprietario, non è socio, non è amministratore! La sua versione: è solo una società inglese che ci ha dato questa opportunità! Noi facciamo “gli appaltanti”».
Costo chiavi in mano: 4mila euro, più 2500 per ogni anno che si resta aperti. Potrei già tornare a casa, ma la voce che corre è che volendo si possa risparmiare ancora, con il fai da te. Finisco in un palazzo anonimo, un prefabbricato, poco lontano dalla City. La scritta dice “Made Simple”, li ho trovati grazie ad un annuncio. Open space tutti ragazzi sotto i 30 anni con le cuffione alle orecchie, tanti indiani, ragazze coi capelli colorati. Quella che mi riceve avrà 25 anni al massimo, mi fa sedere nella sala “relax”. «Di solito non riceviamo, la nostra è un’azienda che lavora solo via web, ma visto che è qua le spiego. Basta una carta di credito e un computer, abbiamo dei pacchetto già pronti. Se vuole una LTD semplice basta che inserisca i dati suoi, degli eventuali soci o amministratori e noi le apriamo la società! Compreso c’è l’apertura di un conto corrente presso la Barclays a nome della LTD, perchè è obbligatorio».
Ma devo essere domiciliato qui?
«Non necessariamente. Con 30 sterline in più le offriamo il servizio di domiciliazione qui da noi».
Quanto tempo ci vuole?
«Tre ore lavorative. Se lo fa ora, per le 5 ha la sua compagnia aperta!».
Si può fare bevendo un caffè seduti da Starbucks. Indicando nomi di persone del tutto ignare e indirizzi fasulli. Basta il numero della carta di credito.
Alle 17,49 via mail arriva il documento: sono il proprietario della Presa Diretta LTD.

Nota: Londra e l’Inghilterra paradiso fiscale nel cuore dell’Unione Europea. Al tema dedicherà un’inchiesta Presadiretta di Riccardo Iacona (domenica 29 marzo su Rai 3 alle 21,45)


Alla faccia delle Cayman: il vero paradiso fiscale è nella City di Londra
di Thomas Mackinson - 23 marzo 2015
Un biglietto da 19 euro, se va male qualcosa di più. L’innocente evasione può iniziare con un investimento modesto quanto un volo per l’ultimo paradiso fiscale d’Europa. La combinazione che spalanca le sue porte è 51 30 N 000 10 W, latitudine e longitudine della City. Heathrow, Stansted o Gatwick poco importa, la mappa per i furbetti con grossi portafogli consiglia di puntare dritto all’East End di Londra, l’area portuale un tempo malfamata e fuligginosa che oggi offre il più alto concentrato al mondo di studi legali associati, grandi banche d’affari e professionisti della consulenza fiscale. I grattacieli di vetro a specchio indicano i luoghi in cui schiere di zelanti contabili-tributaristi - statene certi - masticano italiano e nel caso attivano uffici di corrispondenza disseminati nel Continente. Chi non è milionario può invece rivolgersi ai più “agili” uffici di gestione del patrimonio del Myfair, a due passi da Piccadilly. Vuoi metterti al riparo dal Fisco? Qui c’è una soluzione per tutte le tasche. La Svizzera, del resto, è capitolata. Perfino il Vaticano rinuncia al segreto bancario e la croce è caduta anche sulle roccaforti di San Marino, Liechtenstein, Lussemburgo e Monte Carlo. Restano le mete esotiche, certo. Ma Londra - due ore di volo dall’Italia - ha ancora tanto da offrire.

PER PUDORE, forse, la chiamano ottimizzazione fiscale. Quella in salsa britannica pare miracolosa. Portare la residenza o la sede legale sotto il Big Ben è meglio che avere una holding alle Cayman: qui le imposte su dividendi e profitti, per legge, sono al 20%. Tutto regolare, solo bisogna arrivarci. Comprarsi il diritto di pagare le tasse a Londra, in realtà, è sorprendentemente facile e pure economico: costituire una Ltd costa 40 sterline, il capitale sociale minimo è di una soltanto e il tempo necessario è 48 ore. Ma questo è solo l’inizio. Con alcuni semplici accorgimenti la tassazione può scendere praticamente a zero. La “company”, ad esempio, può anche non far nulla. Anzi, meglio che non lo faccia e resti “dormiente”: se non avrà alcuna transazione significativa per un anno fiscale potrà godere di consistenti riduzioni degli adempimenti tributari. I beni e i valori che ha in pancia, magicamente, varranno di più.

SOLUZIONI “CHIAVI IN MANO” Si può evitare anche questa fatica grazie alla possibilità di comprare società precostituite subito pronte all’uso, con tutto il corredo: numero di Vat (la partita Iva), certificato di incorporazione, Memorandum of Article, lo statuto e i libri contabili. Per schermarle e conferire loro una patente di legalità si possono perfino noleggiare da società di consulenza gli amministratori, i direttori, gli azionisti e i segretari “fiduciari” residenti. Paghi ed esci con una dichiarazione giurata di fedeltà a garanzia che il nome reale della proprietà non apparirà in nessun registro pubblico (anche online) e al tempo stesso che i prescelti non avranno alcun ruolo esecutivo o decisionale, neppure l’accesso al conto bancario della società. Qui lo chiamano “nominee service”, da noi volgarmente “prestanome”. L’espediente è però legale, inutile dire che c’è chi ne approfitta.

LE TASSE SULLE PERSONE FISICHE sono al 45 per cento, ma non per tutti. La regina delle facilitazioni in questo campo è il cosiddetto “resident not dom”, residenti non domiciliati, un regime fiscale che permette di non sottoporre a imposte gli utili realizzati all’estero. L’Inghilterra lo ha storicamente incentivato per attrarre i ricconi ed è la soluzione perfetta anche per chi ha rendite finanziarie derivanti da partecipazioni qualificate o per i viaggiatori d’affari con redditi da lavoro dipendente. Ne hanno approfittato anche tanti “eroi” nazionali alla Valentino Rossi, poi finiti nel mirino dell’accertamento tributario. Il Bengodi è infatti vincolato da alcuni requisiti e l’inghippo, da sempre, è come aggirarli. I più stringenti riguardano la permanenza: si deve passare a Londra una media di 91 giorni l’anno su un periodo di quattro e un minimo di 183 giorni per anno fiscale. L’elusione, in questo campo, è ormai un’arte.

CAPITOLO RENDITE. Per far fruttare i patrimoni al sole non serve mica andare alle Tonga: a due passi da Londra ci sono le Channel Islands, le isole del canale della Manica, un arcipelago di otto isolette al largo della Normandia (Jersey, Guernsey, Sark le più note), dove è legale depositare i propri risparmi in conti a tasso d’interesse e regime fiscale straordinari. Per “proteggerli” poi non c’è che l’imbarazzo della scelta. Quassù c’è un Trust per ogni esigenza, sempre conforme alle norme: quello per evitare il pagamento dell'Iva sull'acquisto e l'uso di beni di lusso, come yacht e aerei, quello immobiliare che permette di creare un patrimonio separato e garantito che non potrà essere “aggredito” se non dai creditori del trust. Quello familiare consente di disciplinare anticipatamente casi di successione, rapporti di convivenza e parentela, crisi matrimoniali compresi i casi di separazione e divorzio. C’è anche quello per minori e perfino per disabili che permette di gestire i beni “in favore dei soggetti titolari”, senza incorrere nell’amministrazione di sostegno, tutela e curatela, dove il controllo giudiziario è preponderante e passa per le autorizzazioni emesse da un Tribunale. Ebbene sì, a Londra si può fare anche questo. Insomma, è o non è questo il Paradiso? Certo, c’è sempre qualcuno pronto a dire che la Belle Époque della sofisticazione societaria e delle residenze fittizie in salsa british ha le ore contate. E dunque a proporti una consulenza last-minute a prezzi vantaggiosi prima della grande glaciazione. Il costo, dicono i consulenti, lo fa il valore dell’operazione che deve però partire da 300mila euro. È questa la soglia minima per la quale un progetto di “ottimizzazione fiscale” ha ragion di esistere. “Altrimenti il bilancio costi-benefici non creerebbe alcun vantaggio competitivo per l’azienda, che si troverebbe a pagare per un servizio senza che questo sfoci in un beneficio reale”. Da prendere al volo, insistono, perché davvero il clima nella City sta cambiando.

SAREBBE POI COLPA dei colossi della rivoluzione digitale, ma anche della britannica Marks&Spencer, quella dei grandi magazzini, che per anni sono riusciti a pagare poco o nulla al fisco nonostante miliardi di sterline di fatturato nel Regno Unito. “Evasione legalizzata” ha tuonato il quotidiano The Guardian. Ed è scoppiata la bufera. Il governo non ha più potuto eludere il problema e ha promesso di cancellare alcuni degli espedienti più smaccati, come quello di trasferire parte degli utili in Irlanda, dove le imposte sono le più basse d’Europa (12,5%) per poi farseli rimandare indietro sotto forma di prestiti. Ma dalle parti di Downing street la preoccupazione principale resta quella di continuare ad attrarre corporations e paperoni lungo il Tamigi, più che di tappare le vie d’uscita alle società per pagare meno tasse. E i furbetti nostrani - quelli che l'inglese manco lo devono sapere - potranno sempre canticchiare London calling to the faraway towns.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano del 23 marzo 2015

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