Entra in scena una nuova iniziativa del cinico e macabro piano immobiliare di Trump per la striscia di Gaza, edulcorato al punto giusto da mascherare l’ultimo atto di una pulizia etnica che va avanti da decenni.
All’inizio l’idea era di ricostruire l’area trasformando la popolazione nella ‘Riviera del Medioriente’, ma ora il tycoon sta valutando, insieme al governo israeliano, l’idea di trasferire i palestinesi in Siria. Lo riferiscono tre fonti diplomatiche ben informate all’emittente Cbs, secondo cui l’Amministrazione americana ha tentato di contattare il governo siriano tramite un terzo interlocutore.
Indiscrezioni che giungono mentre nello Yemen sta aumentando l’escalation punitiva statunitense contro gli Houthi, fautori di attacchi alle navi legate ad Israele che circolano nel Mar Rosso. Il gruppo ribelle ha rivendicato n attacco alla portaerei statunitense USS Harry S Truman nel Mar Rosso, promettendo di rispondere con crescente intensità, dopo i bombardamenti Usa.
Secondo il Ministero della Salute yemenita, gli attacchi hanno causato almeno 53 morti, tra cui cinque bambini e due donne, e 98 feriti. Il portavoce del ministero, Anees Alsbahi, ha denunciato l’aggressione statunitense, definendola una “violazione del diritto internazionale”.
Il portavoce del Pentagono, Sean Parnell, ha dichiarato che gli Stati Uniti useranno "forza letale schiacciante" contro gli Houthi fino a quando non avranno raggiunto i loro obiettivi. Tuttavia, ha negato che gli attacchi rappresentino un'"offensiva infinita" o che siano mirati a un cambio di regime.
D’altra parte, Abdel-Malik al-Houthi, leader del gruppo ribelle, ha dichiarato che gli attacchi alle navi statunitensi continueranno finché gli USA non cesseranno le operazioni militari in Yemen. “Se loro continuano la loro aggressione, noi continueremo l’escalation”, ha affermato al-Houthi, sottolineando che gli Houthi mirano a fare pressione su Israele per consentire l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza.
Gli effetti del catastrofico blocco degli aiuti israeliani a Gaza
Il blocco imposto da Tel Aviv alla, che ha portato a una crisi umanitaria di proporzioni catastrofiche va avanti ormai dal 2 marzo 2025 e vede l’interruzione dell'afflusso di aiuti umanitari, inclusi cibo, medicine, carburante e gas per cucinare.
Le cucine comunitarie, che un tempo fornivano pasti a migliaia di persone, sono state costrette a chiudere. Organizzazioni come Heroic Hearts, che gestiva 80 cucine, hanno ridotto i loro servizi a soli 20 punti di distribuzione, lasciando migliaia di persone senza accesso al cibo. Secondo l'UNICEF, oltre un milione di bambini a Gaza stanno "lottando per sopravvivere". I prezzi dei generi alimentari sono aumentati del 200%, e molte famiglie non possono permettersi di acquistare cibo. La mancanza di acqua potabile e di gas per cucinare ha ulteriormente aggravato la situazione.
Al contempo, gli ospedali di Gaza stanno esaurendo le scorte di medicine e carburante, rendendo impossibile fornire cure adeguate ai pazienti. L'ospedale al-Shifa, uno dei più grandi complessi medici dell'enclave, è stato gravemente danneggiato durante i raid israeliani, e la Difesa Civile ha recuperato 57 corpi dal suo cortile. Questi corpi, molti dei quali non identificati, sono una testimonianza silenziosa della violenza che continua a colpire la popolazione civile.
A questo si aggiunge l’interruzione delle forniture di energia elettrica che stanno compromettendo il funzionamento degli impianti di desalinizzazione per l’acqua.
“L’elettricità a Gaza è qualcosa che la popolazione civile non ricorda più”, ha detto, citato dal Fatto Quotidiano, Roberto Guerrieri, infermiere di Emergency impegnato proprio in quella terra per portare assistenza medica agli abitanti, racconta in una testimonianza audio le conseguenze del black out imposto da Israele. “Questa interruzione, se continuerà, significherà per la popolazione l’impossibilità di avere acqua potabile. Gli impianti di desalinizzazione per l’acqua erano le uniche strutture ancora alimentate dalla rete elettrica” e con l’interruzione di queste, quindi, sarà molto difficile garantire la disponibilità di acqua. “
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