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Secondo rinvio a giudizio nel giro di un mese e mezzo per i vertici dell'Amap, l'azienda che distribuisce l'acqua a Palermo e in 44 Comuni della provincia. Il nuovo processo, che inizierà il 3 giugno, è collegato all'altro, previsto per il 10 aprile: riguarda l'omissione della comunicazione alla Bei, Banca europea degli investimenti, dell'inesistenza di "gravi e reiterate violazioni in materia ambientale", omissione che aveva consentito all'Amap di ottenere un finanziamento di 20 milioni. Le violazioni ambientali sottese al procedimento chiuso oggi in udienza preliminare dal Gup Clelia Maltese, sono oggetto della prima inchiesta, riguardante una serie di abusi riferiti allo sversamento di fanghi di depurazione nel mare antistante la città e la costa occidentale, fino a Balestrate (Palermo). 
La vicenda riguardante la Bei è stata istruita dalla Procura europea e riguarda Giuseppe Ragonese, direttore generale di Amap, Alessandro Di Martino, l'attuale amministratore unico, in carica da cinque anni, e il suo predecessore, Maria Concetta Prestigiacomo, in carica da marzo 2014 a marzo 2019. Tutti e tre - assieme ad altre persone e alla stessa azienda partecipata dal Comune di Palermo - sono gia' stati rinviati a giudizio per il primo procedimento. In questa seconda tranche la contestazione aveva portato, nel 2021, al commissariamento dell'Amap e al sequestro della somma ottenuta come prestito dalla Bei. Il finanziamento, secondo l'accusa, non sarebbe stato concesso se i vertici Amap avessero dichiarato l'esistenza dell'inchiesta sul danno ambientale. Il prestito era stato accordato nell'ambito di un programma europeo per la produzione di acqua potabile e il trattamento delle acque reflue. Le indagini sono state condotte dalla Guardia di Finanza, dopo la denuncia della Banca europea: e' scattata cosi' la competenza della Eppo, la Procura europea, e del suo ufficio italiano, coordinato dai pm Luise e Ferrara. 

Fonte: Agi 

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