Sequestrati beni per 760mila euro a tre imprenditori di Sciacca, in provincia di Agrigento, indagati per una presunta frode all'Unione europea con fatture gonfiate. Sotto sequestro sono finiti denaro, beni immobili e altre disponibilità finanziarie. L'inchiesta è condotta dalla guardia di finanza e coordinata dalla procura europea. I provvedimenti di sequestro sono stati emessi dal gip del tribunale di Sciacca ed eseguiti dalle fiamme gialle che in questi mesi hanno esaminato una vasta documentazione relativa al rendiconto delle spese sostenute da un'azienda produttrice di olio per la realizzazione di due opifici. Il progetto di investimento prevedeva un contributo a fondo perduto pari al 50% dell'importo complessivo nell'ambito dei fondi stanziati da Unione europea, Stato e Regione Siciliana per la trasformazione, la commercializzazione e lo sviluppo dei prodotti agricoli. L'attenzione degli investigatori è stata attratta da un contratto di appalto ritenuto dal contenuto "palesemente antieconomico", stipulato dalla società beneficiaria del contributo con un'impresa di costruzioni riconducibile ad alcuni congiunti dell'amministratore. L'accordo prevedeva la fatturazione, in acconto e a stato avanzamento lavori, di opere edili solo in minima parte e per un brevissimo periodo dirette e realizzate dalla società appaltatrice con propri mezzi e maestranze. Quest'ultima, "priva di autonomia organizzativa e senza subire il rischio d'impresa - sostengono dalla guardia di finanza -, si è limitata ad interporsi tra appaltante e reali esecutori dei lavori, emettendo fatture con l'indicazione di costi artatamente gonfiati, se non in alcuni casi totalmente inesistenti, al solo fine di far aumentare l'importo complessivo dell'investimento". Tre, secondo gli esperti della guardia di finanza, gli obiettivi della presunta frode: beneficiare di un contributo di importo maggiore, in quanto calcolato sui costi rendicontati; consentire l'evasione delle imposte, attraverso l'integrale "indebita" detrazione dell'Iva esposta nelle fatture emesse dalla società "fittiziamente interposta"; destinare ad altri scopi gran parte dei capitali utilizzati dall'impresa beneficiaria per il pagamento delle fatture "gonfiate". Gli inquirenti ritengono che 260.000 euro, così fuoriusciti dalle casse della società appaltante, siano stati utilizzati "per il saldo di pendenze debitorie a carico di altra impresa riconducibile agli indagati".
Foto © Imagoeconomica
Truffa all'Ue con fatture gonfiate, sequestro da 760mila euro
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