Il gup di Milano esclude anche la responsabilità di Tommaso De Pace
Il gup di Milano Maria Fiorentini ha accolto la richiesta dei magistrati, disponendo l'archiviazione definitiva per il boss calabrese Francesco D’Onofrio, ex militante di Prima Linea, accusato dell’omicidio del procuratore capo di Torino Bruno Caccia avvenuto 40 anni fa. Secondo la procura generale di Milano non ci sono prove per sostenere in un futuribile giudizio eventuali responsabilità penali per il delitto del procuratore in capo a D’Onofrio e Tommaso De Pace (81 anni).
Il boss D'Onofrio, che si è sempre proclamato estraneo all’agguato di 'Ndrangheta del 26 giugno 1983 in via Sommacampagna a Torino, esce dunque dall'inchiesta definitivamente.
La famiglia Caccia aveva deciso di proporre opposizione a questa istanza tramite il legale Fabio Repici. Di D'Onofrio, già condannato anche per armi, residente a Moncalieri, aveva parlato il collaboratore di giustizia Domenico Agresta che già nei primi verbali resi alla Dda di Torino nel novembre 2016 affermava di aver appreso (in carcere e da fonti di alto rango criminale, tra cui il padre Saverio Agresta) che a sparare al procuratore fossero stati Rocco Schirripa (già condannato all’ergastolo con pronuncia definitiva) e proprio D’Onofrio. Ma i magistrati di Milano non avrebbero trovato riscontri sufficienti ad avvalorare questa tesi e quindi processare il boss calabrese. "Le indagini non hanno portato indizi significativi - si legge nella richiesta di archiviazione della procura generale -. Hanno confermato ciò che già si sapeva. Seppur con approfondimenti dettati dalla volontà di non lasciare nulla di inesplorato su un delitto così efferato, che colpì un magistrato onesto, di elevata statura morale e che, per capacità, professionalità e integrità, rappresentava un ostacolo alla realizzazione degli affari illeciti della ’Ndrangheta".
Finora del gruppo di fuoco composto da almeno 5 o 6 persone ne sono state individuate e condannate soltanto due. Oltre a Schirripa, si è accertata la colpevolezza di Domenico Belfiore che sta espiando la pena all'ergastolo in regime di domiciliari: il differimento pena è stato così deciso ormai da 8 anni per gravi motivi di salute.
La famiglia Caccia da sempre sostiene che ci sono ancora molte ombre e misteri legati alla morte del primo magistrato ucciso nel Nord Italia. Un omicidio di alto livello che vede la partecipazione di più aggregati criminali in una convergenza di interessi. Non solo di matrice 'ndranghetista, come ha più volte sottolineato il legale dei figli di Bruno Caccia, l'avv. Fabio Repici. Ma l’archiviazione di D’Onofrio rischia di mettere una pietra sopra questa richiesta di verità e giustizia della famiglia del procuratore.
“Le indagini sono al capolinea nel senso che sono finite, ma senza offrire dati di completezza”, aveva detto Repici ad ANTIMAFIADuemila. “Ma ribadisco: rimane un buco nero nella storia d’Italia. La giustizia italiana non ha consegnato né ai familiari di Bruno Caccia né alla società i nomi dei due killer che il 26 giugno ’83 assassinarono il procuratore”.
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