Mentre si discute della revoca del 41 bis a Alfredo Cospito, la Corte costituzionale tornerà mercoledì prossimo, in camera di consiglio, a occuparsi della questione dei reati ostativi, quelli (come terrorismo e mafia, ma non solo) per i quali è esclusa la possibilità ai giudici di concedere benefici penitenziari più elevati dei permessi premio se il condannato non collabora con la giustizia. A riaccendere i riflettori su una materia molto delicata sono i casi di due persone condannate per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, portate all'attenzione della Corte dal tribunale di sorveglianza di Perugia e dal magistrato di sorveglianza di Avellino. I giudici di Perugia ritengono che l'articolo 4 bis dell'ordinamento penitenziario sia incostituzionale, per contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione, laddove non prevede la possibilità di concedere ai condannati per questo specifico reato l'affidamento in prova al servizio sociale, anche in assenza di collaborazione con la giustizia, quando siano stati acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti. Il magistrato di Avellino censura invece l'omessa previsione della possibilità di concedere la semilibertà ai detenuti che, pur avendo espiato 2/3 della pena, non abbiano collaborato con la giustizia ma abbiano avuto accesso ai permessi premio, sulla base di elementi dai quali è stata desunta l'assenza di collegamenti con la criminalità organizzata e del pericolo del loro ripristino. Anche in questo caso la mancata previsione sarebbe in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione.
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