Deputati e senatori dovevano riunirsi martedì prossimo, e invece la seduta comune convocata per l'elezione dei dieci componenti laici del Consiglio superiore della magistratura è stata rinviata al 17 gennaio, ore 16. Un altro mese di ritardo.
Il Csm rimane all'opera in regime di "prorogatio". Un regime che dura già da fine settembre, scadenza naturale della consiliatura entro la quale i togati hanno fatto la loro parte, eleggendo il 18 e 19 settembre i venti componenti delle proprie file, scelti tra giudici e pubblici ministeri. Il Parlamento, invece, va a rilento. E non solo per l'interruzione anticipata della legislatura, ma anche per il temporeggiamento dell'attuale assemblea. La data del 13 dicembre era stata fissata a fine ottobre, con successiva scadenza del 10 dicembre per la presentazione delle candidature e dei curriculum "tramite pec", in ossequio alle "procedure trasparenti, da svolgere nel rispetto della parità di genere", volute dalla riforma Cartabia.
Su una platea di 600 elettori, in pratica, servono 360 voti per diventare consigliere laico del CSM. Le indiscrezioni che girano da qualche settimana danno la divisione delle poltrone in sette a tre fra maggioranza e opposizione (tre a Fdi, due ciascuno a Lega e Fi, uno a testa a Pd, M5s e Terzo polo). Ma, almeno tecnicamente, bisognerà aspettare la lista definitiva dei candidati che, secondo le informazioni aggiornate sui siti di Camera e Senato, dovranno essere inviate "entro le 9 di sabato 14 gennaio 2023". Gli aspiranti consiglieri possono presentarsi per propria iniziativa o per conto di almeno dieci parlamentari, e per legge devono essere professori ordinari di materie giuridiche o avvocati con quindici anni di esercizio effettivo. Per ora risultano recapitate oltre cento candidature, tutte presentate "direttamente dall'interessato" e in netta prevalenza da avvocati.
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