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"Io la moglie di Cicala non l'ho mai vista e non so nemmeno che faccia abbia". E' un passaggio dell'intervista rilasciata al Quotidiano di Puglia da Stefania Baldassarri (in foto), la direttrice del carcere di Taranto, sospesa ieri con un provvedimento del Dap perché avrebbe favorito il detenuto Michele Cicala, indagato per reati di mafia. Tutto nasce da una conversazione intercettata il 16 maggio scorso - ricostruisce il Quotidiano - tra la moglie di Cicala ed una dipendente del bar 'Primus Borgo' di Taranto, di una cooperativa, che secondo gli investigatori, sarebbe controllata dal presunto boss. Nel corso della telefonata, la ragazza racconta che la direttrice del carcere si era recata nel locale e, riferendosi a Cicala, avrebbe detto che stava bene, consigliando di scrivergli delle lettere per fargli sentire la vicinanza della famiglia. "Quando io e mia madre siamo entrate in quel bar, che si trova di fronte al parrucchiere dove eravamo dirette - ha spiegato oggi Baldassarri - sono stata riconosciuta dalla cassiera, che mi ha chiesto se fossi la direttrice del carcere e io ho risposto di sì. Mentre con mia madre sorseggiavamo una bevanda, la giovane mi ha detto se conoscessi il detenuto Michele Cicala e se sapessi quali fossero le sue condizioni. Io le ho risposto che non potevo ricordarmi di tutte le persone rinchiuse nel carcere. In quanto alle sue condizioni ricordo di aver detto genericamente che erano quelle di qualsiasi persona ristretta e che probabilmente, come tutti, starebbe passando il tempo a scrivere e a preparare la sua difesa. La ragazza ha continuato chiedendomi cosa si potrebbe fare per farlo stare meglio e io ho consigliato, come sempre faccio in questi casi, di scrivergli delle lettere, perché la lettura di parole dei propri cari aiuta a combattere l'isolamento". "Se ho sbagliato quel giorno - prosegue Baldassarri - allora ammetto di aver sempre sbagliato in 27 anni di onorato servizio, perché ho sempre dato questo genere di conforto a chiunque: sono convintissima di non aver violato nessuna norma nel dare conforto. Se poi qualcuno crede che il nostro lavoro sia solo quello di aprire e chiudere le celle, allora si sbaglia di grosso perché io credo nel senso di umanità nell'ambito penitenziario e nel principio della rieducazione del condannato, non lo dico io ma è scritto nella nostra Costituzione". Baldassarri ritiene la sospensione "pesante e ingiusta" e si sente "trattata senza rispetto da quegli uffici e da quelle persone con cui ho sempre collaborato; anche in questa indagine che riguarda Cicala ho sempre dato la mia massima disponibilità".

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