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"L'indipendenza, solo questa è stata la mia colpa. Aver detto la verità sul G8, essere stato onesto sul piano carceri e sui soldi. Aver individuato a Palermo anomalie nella gestione dei pentiti. Aver raccontato quello che stava accadendo sull'ex pentito, Vincenzo Scarantino". Sono state queste le parole dette all'AGI da Alfonso Sabella, magistrato siciliano ed ex delegato alla Legalità del Comune di Roma all'epoca del sindaco, Ignazio Marino. L'ex pm - soprannominato il cacciatore di mafiosi - ha raccontato come è cambiata la sua carriera dopo il G8 di Genova, dove era stato mandato in vista degli "arresti preventivi" annunciati con l'arrivo dei black block da varie parti di Europa. Lui era lì a coordinare le attività del Dap (il Dipartimento amministrazione penitenziaria) anche nella caserma di Bolzaneto, dove alcuni agenti di polizia penitenziaria compiranno violenze sui manifestanti.
Sabella è stato iscritto nel registro degli indagati per abuso d'ufficio e d'autorità, perché quelle violenze non le ha impedite. Ma il magistrato quando vengono commessi gli abusi non è a Bolzaneto.
"Ho chiesto di essere ascoltato da tutti, anche dal Csm sulla vicenda. Nessuno ha mai voluto sentirmi" ha detto l'ex pm opponendosi alla richiesta di archiviazione del caso avanzata dai magistrati di Genova, "voglio essere giudicato e assolto nel merito" ha detto l'ex pm ma il giudice tuttavia archivia l'inchiesta lasciando una macchia indelebile sul suo percorso professionale e sulla sua carriera la quale viene successivamente bloccata dal CSM.
Sabella viene circondato dal silenzio, nessuno lo vuole sentire e per cercare di uscire dall'isolamento ha inviato una nota che successivamente sparisce dal fascicolo.
"Le correnti della magistratura mi odiano e mi detestano tutte", ha detto Sabella, sottolineando che "semplicemente in Italia, quando uno fa il proprio dovere, non può passare impunito". E l'archiviazione della procura di Genova, oltre a "sporcare" la carriera del magistrato, l'ha messo anche in difficoltà economica. Infatti, la magistratura contabile è convinta che Sabella ha provocato un danno erariale allo Stato italiano "per non aver vigilato".
Per questo è stato condannato in primo grado a pagare un milione e 132 mila euro e poi nel marzo 2019 gli viene notificato un "avviso di liquidazione" dall'agenzia delle entrate di Palermo con il quale gli viene chiesto il pagamento di 22 mila euro per l'iscrizione di una ipoteca giudiziale. Da qui l'amara scoperta che tutti i suoi beni sono stati ipotecati "ho pensato anche al suicidio - ha confessato Sabella - volevo tutelare il patrimonio della mia famiglia, perché sapevo che il debito non si sarebbe trasmesso agli eredi".
Ora l'ex pm ha preso la decisone di far valere i suoi diritti rivolgendosi direttamente alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.

Foto © Imagoeconomica

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