"C'erano avvocati che era come se avessero aperto lo studio a casa mia: venivano a mangiare a casa oppure andavano in barca con mio padre, perché in barca è difficile essere intercettati". A dirlo è stato il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, figlio di Pantaleone (alias "l'ingegnere"), sentito ieri al processo Rinascita-Scott. Il boss, inoltre, ha raccontato che nel 2008 l'avvocato Francesco Stilo si presentò a casa sua. Quest'ultimo, imputato nel processo, in quell'occasione aveva con sé un fascicolo che riguardava Emanule Mancuso (ed altri) con l'accusa di associazione mafiosa.
"Avevo le carte in mano - ha detto il collaboratore - senza avere avuto nemmeno un avviso di garanzia. Era un compendio intercettivo rilevante si parlava di stupefacenti e imbasciate da portare alla mia famiglia. Stilo mi disse: stai attento che ti arrestano". Emanuele Mancuso, inoltre, ha anche fatto riferimento ad una rapina compiuta all'età di 17 anni. In quell'occasione fu chiamato a difenderlo l'avvocato Giancarlo Pittelli: uno dei principali imputati al processo Rinascita-Scott. "Pittelli - ha continuato il collaboratore - non è stato nominato dalla famiglia Mancuso. All'epoca per risolvere la questione si decise tramite Pinuccio Barba di nominare Pittelli. All'epoca io presi 3 anni e 4 mesi in abbreviato e dopo tre mesi e 20 giorni mi mandarono agli arresti domiciliari”. “La nomina di Pittelli? Era l'unico modo per farmi uscire", ha concluso il collaboratore.
Rinascita-Scott, Emanuele Mancuso: ''Alcuni avvocati erano fissi a casa mia''
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