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Finisce al vaglio della Corte Costituzionale la norma, contenuta nel decreto 'Cura Italia' varato lo scorso marzo dal Governo, con la quale venne sospeso, in concomitanza con lo stop ai processi durante il lockdown, anche il decorrere della prescrizione dei reati. 
Una norma riguardante il periodo dal 9 marzo all'11 maggio scorsi - la cosiddetta 'Fase 1' dell'emergenza Covid - con la quale si prevedeva che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 fosse sospeso per un periodo di tempo pari a quello in cui venivano sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali.
A sollevare la questione davanti alla Consulta - la quale si pronuncerà dopo l'udienza fissata tra una settimana - sono stati, con diverse ordinanze, i tribunali di Siena, Spoleto e Roma, che avanzano dubbi relativi al contrasto della norma con il principio della irretroattività delle leggi in materia di giustizia penale dettato nell'articolo 25 della Costituzione. 

Nello specifico
Secondo il tribunale di Siena, in particolare, la disposizione censurata, concernendo condotte anteriori alla sua entrata in vigore, avrebbe determinato un aggravamento del regime di punibilità - consistente nel prolungamento, pari a 63 giorni, del tempo necessario a prescrivere - in contrasto con il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole. 
Ugualmente il tribunale di Spoleto ha denunciato la violazione del divieto di applicazione retroattiva della norma sostanziale di diritto penale applicabile anche alla disciplina della prescrizione, ponendo l'accento poi sulla rilevanza costituzionale del diritto all'oblio da cui deriverebbe la necessità che lo Stato persegua e punisca reati entro tempi certi e predefiniti. 
Per il tribunale di Roma, infine, la norma sarebbe anche in contrasto con articoli della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Foto © Imagoeconomica

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