Intervenuta la prescrizione per i 14 imputati
Cade l'aggravante di associazione a delinquere di stampo mafioso nell'ambito del processo sul 'Café de Paris', il locale della 'Dolce Vita' di via Veneto che secondo l'accusa era finito in mano ad affiliati alla 'Ndrangheta.
Lo hanno deciso i giudici della III sezione penale della corte d'Appello di Roma. I giudici hanno assolto e dichiarato intervenuta la prescrizione per i 14 imputati, condannati in primo grado a oltre 40 anni.
Una sentenza che di fatto inibisce, ribaltandola, la decisione di primo grado con la quale il tribunale, nell'aprile 2014, aveva riconosciuto la responsabilità di quasi tutti gli imputati, condannando tra gli altri Vincenzo Alvaro (7 anni), sua moglie Grazia Palamara (4 anni) e Damiano Villari (4 anni e mezzo).
La vicenda portò il 14 giugno 2011 all'arresto, da parte dei carabinieri del Ros, di due persone e diverse perquisizioni nei confronti di altrettanti indagati, tutti ritenuti affiliati alle cosche 'ndranghetiste di Sinopoli e Cosoleto, nel Reggino, accusati di reinvestire i capitali illeciti acquistando attività commerciali nel centro della Capitale.
A seguito della decisione della Corte d’Appello sono intervenuti i legali: “Questa sentenza arriva dopo che nel maggio 2019 già la Corte d'appello di Reggio Calabria aveva disposto la restituzione di 102 beni, tra i quali proprio il Cafè de Paris. I sigilli erano stati messi nel 2009 - e poi confiscati - nell'ambito di un'inchiesta della Dda.
Il sequestro era stato confermato sia in primo grado che in appello, dopo i ricorsi della difesa, ma la Cassazione annullò con rinvio l'ultima decisione".
Foto © Imagoeconomica
'Ndrangheta: cade in Appello l'accusa di mafia per il 'Café de Paris'
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