di AMDuemila
"La nota del Dap non distingueva tra detenuti comuni e detenuti per mafia, tra regime penitenziario ordinario e quello speciale". Il commento, in un'intervista a Il Fatto Quotidiano, è di Alessandra Dolci, procuratore aggiunto a Milano e capo della Direzione distrettuale antimafia. Il magistrato indica chiaramente nella nota emessa dal Dipartimento amministrazione penitenziaria il 21 marzo (all'epoca ancora guidato da Francesco Basentini oggi dimessosi e sostituito con Dino Petralia), l'origine delle scarcerazioni.
Secondo Dolci è così che "sono stati scarcerati anche detenuti al 41 bis, cioè al carcere duro previsto per i mafiosi, e detenuti As1, cioè usciti dal 41-bis, e As3, cioè condannati per reati di competenza delle Direzioni distrettuali antimafia, come per esempio il traffico di stupefacenti". E da quella nota, secondo il magistrato, "si è scatenata un'alluvione di istanze di detenuti di ogni tipo" e che "continuano ancora ad arrivare. Solo oggi - precisa - ne ho viste, qui a Milano, una decina". Per Dolci, dunque, le istanze di scarcerazione "sono state esaminate dal magistrato di sorveglianza, che in via d'urgenza le ha accolte, valutando che ci fosse un pericolo di contagio" che però - precisa - è "davvero ipotetico, nel caso di detenuti al 41-bis" ai quali "devono essere impediti tutti i contatti", in particolare "con il contesto criminale da cui provengono". Dolci precisa anche che "nei provvedimenti che ho visto, non c'erano a mio avviso i presupposti per l'accoglimento" perché "asserivano gravi condizioni di salute, senza documentarle adeguatamente", oltre al fatto che "non consideravano la caratura criminale di chi le presentava".
Foto © Imagoeconomica

Carceri, Dolci sulla nota Dap del 21 marzo: ''Bisognava escludere i casi di mafia''
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