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"Per la verità devo dire che Di Matteo mi parlò di questa offerta, ma non so quale sia stato il successivo sviluppo. Me ne parlò ma non so se come capo Dap o direttore generale, ma a qualcosa accennò”. E’ quanto ha detto il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, sulla mancata nomina al Dap del magistrato Nino Di Matteo, nel corso della conferenza di presentazione delle iniziative della Rai per il "XXVIII anniversario delle stragi di Capaci e Via D'Amelio". Riguardo la notizia che il Guardasigilli sta lavorando a come riportare in carcere i boss scarcerati, de Raho ha detto: “E' un quadro che il ministro della Giustizia sta approfondendo, probabilmente laddove ci sono aperture mi sembra un'ottima soluzione potere individuare spiragli in cui almeno i più pericolosi possono rientrare in carcere". Secondo il procuratore nazionale antimafia “evidentemente andranno rivalutate tutte quante le posizioni dei detenuti e laddove c'è la possibilità di una impugnazione, probabilmente rappresenterà che sono disponibili i posti nei centri ospedalieri. Ma bisognerà vedere, poi, se il magistrato accoglierà le istanze che dovrebbero comunque arrivare dai procuratori generali o distrettuali che seguono la procedura esecutiva".
Nella mattinata, de Raho è stato anche ospite del programma Agorà su Rai3 dove ha parlato del carcere duro: “La scelta di un capo dipartimento spetta al ministro della giustizia. Il problema della detenzione al 41bis si pone almeno da dieci anni e riguarda soprattutto le strutture penitenziarie. Occorre che l'edilizia penitenziaria riparta”. Per quanto riguarda le scarcerazioni dei boss, il magistrato ha detto che “si descrive il quadro dei collegamenti del soggetto e la pericolosità del detenuto. Metterlo in detenzione domiciliare in situazioni nelle quali il quadro di pericolosità è rilevante è contrastato da esigenze del territorio. In questi casi si troveranno soluzioni alternative. Dove le condizioni di salute non consentono la terapia all'interno delle strutture penitenziarie bisognerà assegnarli a quei centri ospedalieri penitenziari che hanno una specializzazione per quella malattia”. “L’amministrazione penitenziaria dovrà attivarsi con grande celerità. L'articolo 11 dell'ordinamento penitenziario lo prevede. Non il rientro a casa - ha concluso -, ma il trasferimento in un centro ospedaliero sorvegliato".
Foto © Imagoeconomica
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