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di Antonella Mascali
Il giudice sul boss: “Non è pericoloso e rischia il Covid sia in carcere sia in ospedale”. Così lo manda a casa a Brescia, epicentro del virus

Sul caso degli arresti domiciliari al boss del clan dei casalesi, Pasquale Zagaria, c’è una relazione interna al Dipartimento affari penitenziari (Dap), per respingere l’accusa del giudice di Sorveglianza di Sassari, che ha scarcerato il camorrista, di non avere avuto dal Dap nessuna risposta su dove potesse essere trasferito il detenuto. Certo, il Dap diretto da Francesco Basentini si comporta in maniera burocratica di fronte a un caso che coinvolge un boss di quel calibro. Ma è anche vero che il giudice Riccardo De Vito, per garantire esami diagnostici a Zagaria, che non poteva effettuare a Sassari perché l’ospedale è Covid, lo manda nella casa della moglie nel bresciano, zona rossa proprio per il Covid-19. E, fatto ancor più importante, se si visiona il suo provvedimento, emerge chiaramente che i domiciliari li ha concessi a prescindere dall’asserito silenzio del Dap.

A leggere le otto pagine del provvedimento, il giudice è proprio contrario all’ipotesi di trasferimento di Zagaria in un altro carcere a prescindere dal comportamento del Dap che, scrive lui, non gli ha mai risposto. “Pasquale Zagaria – scrive – oltre a trovarsi di fronte all’impossibilità di ricevere le indifferibili cure per la sua patologia, si trova anche esposto al rischio di contrarre la patologia Sars-Cov-2 in forme gravi (circostanza che ha anche impedito in maniera assoluta ogni ipotesi di ricovero negli ospedali)” . E quindi, benché Zagaria sia al 41-bis, cioè in una cella singola, “potrebbe essere esposto a contagio in tutti i casi di contatto con personale della polizia penitenziaria e degli staff civili che ogni giorno entrano ed escono dal carcere”. Per giustificare i domiciliari a un detenuto malato e – sostiene – con più rischi di altri di essere contagiato, si rifà, tra l’altro, anche al giudizio della Corte d’appello di Napoli sulla presunta “non pericolosità” di Zagaria. E veniamo al Dap. Secondo quanto risulta al Fatto, non è vero che non risponde al giudice, ma è vero che si rivolge direttamente al Tribunale di Sorveglianza solo il 23 aprile, giorno della concessione dei domiciliari. Prima del 23 il Dap, però, prova a trovare un carcere alternativo a quello di Sassari da proporre al giudice, a cui spetta sempre la decisione. Il 14 aprile il Dap, sollecitato dal Tribunale di Sorveglianza l’11 aprile, chiede alla direzione del carcere di Sassari una relazione sulla situazione sanitaria di Zagaria, il 15 arriva la relazione in cui si spiega che gli accertamenti diagnostici e una cura di cui ha bisogno il boss non sono più possibili nell’ospedale di Sassari “perché destinato esclusivamente a emergenza Covid-19”. Attenzione, si spiega anche che Zagaria, operato mesi prima di tumore, non è grave, le sue condizioni sono “discrete e stabili”. Quindi il Dap pensa di poterlo trasferire in una cella singola nel carcere di Cagliari, in modo che possa andare nell’ospedale locale. Il 22 aprile lo stesso Dap, con una email urgente alla direzione sanitaria competente in Sardegna, chiede se l’ipotesi Cagliari sia fattibile. Il 23 aprile il Dap riceve un no, non solo su Cagliari, ma sull’intera Sardegna. Lo stesso 23 aprile il Dap, mettendo a conoscenza con una email urgente anche il Tribunale di Sorveglianza di Sassari, scrive alla direzione del carcere sassarese affinché contatti immediatamente gli ospedali Belcolle di Viterbo o il Pertini di Roma, che hanno reparti di medicina protetta, per capire se ci sia lì un posto. Il giorno di quella email del Dap, inoltrata anche al Tribunale di Sorveglianza di Sassari, è quello in cui vengono concessi i domiciliari a Zagaria fino al 22 settembre. Email arrivata troppo tardi? Email ignorata? Pure questo aspetto sarà oggetto dell’inchiesta degli ispettori di Via Arenula attivati dal ministro Alfonso Bonafede.

Come si sa, Zagaria non è l’unico boss che è stato scarcerato in questo periodo di coronavirus, a casa pure il capomafia di Palermo Francesco Bonura, altri boss campani e della ’ndrangheta. Si è in attesa della decisione su Raffaele Cutolo. Diversi avvocati hanno presentato istanza dopo una circolare interna del Dap che chiedeva il monitoraggio delle condizioni di salute dei boss ultrasettantenni in questo periodo. Non è certo quella circolare ad aver indotto i giudici di Sorveglianza a scarcerare i boss. E neppure la norma Bonafede nel decreto Cura Italia, che esclude domiciliari “semplificati” per mafiosi e detenuti pericolosi fino al 30 giugno. Ma ora, per evitare pericolose strumentalizzazioni, il ministro Bonafede sta ultimando un provvedimento ad hoc per evitare altre scarcerazioni del genere. Se si fa in tempo, sarà riversato nel Decreto Aprile, così come la proroga della legge sulle intercettazioni, che altrimenti dovrebbe entrare in vigore il 1º maggio.

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