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Vittima il cronista Daniele Camilli che aveva preso le parti dei familiari dell'urologo
Viterbo
(sil.co.). Vittima di un articolo al vetriolo, pubblicato sull’Opinione di Viterbo il 6 giugno 2012, Daniele Camilli, un ex collaboratore di Gianlorenzo, colpevole per il suo ex direttore di avere preso le parti della famiglia Manca, che ha sempre creduto nella morte per mano della mafia, mandante il boss Bernardo Provenzano, di Attilio, l’urologo 37enne di Belcolle trovato cadavere nella sua abitazione della Grotticella il 12 febbraio del 2004. Gianlorenzo, difeso dall’avvocato Franco Taurchini, è stato condannato a 400 euro di multa (pena sospesa) e al risarcimento in sede civile di Camilli, condannando nel frattempo Gianlorenzo al pagamento di una provvisionale di 5mila euro a titolo di anticipo. L’accusa aveva chiesto una condanna a 20 giorni di reclusione. Parte civile con l’avvocato Giacomo Barelli, Daniele Camilli è finito nel mirino dell’imputato per le gianlorenzo paolo c tusciawebsue inchieste sulla vicenda e un capitolo del suo libro “La mafia a Viterbo”, pubblicato nel gennaio precedente. Sotto accusa commenti come “è finita la pacchia”, “sfrutta la morte, specula e cerca di trarne profitto”, “storie scopiazzate e fantasiose”, “pace all’anima sua per le presunte minacce di morte”, “se così fosse, qualcuno dovrebbe pagare salato”. “C’è il sottinteso sapiente, ci sono insinuazioni e allusioni. Non c’è critica, non c’è notizia pubblica, c’è la volontà di screditare un collega”, ha sottolineato l’avvocato di parte civile Barelli. Taurchini ha fatto appello alla sentenza definitiva sul caso Manca, in base alla quale l’urologo non è morto per mano della mafia, ma di una overdose, in seguito alla cessione di droga da parte di una donna che per questo è stata condannata. Si tratta di Monica Mileti, condannata a cinque anni e quattro mesi in primo grado il 29 marzo 2017. Il difensore ha inoltre ricordato la condanna per diffamazione dell’ex pm antimafia Antonio Ingroia, avvocato dei Manca, denunciato dall’ex pm viterbese Renzo Petroselli, titolare dell’inchiesta. Ingroia, nel 2017, è stato condannato in primo grado a risarcire i danni a Petroselli. Il giudice Elisabetta Massini, dopo circa un’ora di camera di consiglio, ha condannato Paolo Gianlorenzo (in foto).

Tratto da: tusciaweb.eu del 27 marzo 2019

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