La giornalista rifiuta di rompere il segreto professionale su una fonte che nel suo libro sostiene la tesi di un “doppio livello” nell’attentato
Il processo penale a carico della giornalista Stefania Limiti, rinviata a Giudizio dalla Procura di Roma per non aver voluto rivelare l’identità di una fonte confidenziale citata nel suo libro Doppio Livello, è stato rinviato al 12 gennaio 2018.
Alla prima udienza, il Giudice Dr. Iulia, della quarta sezione del Tribunale di Roma, ha ritenuto fondati alcuni vizi del capo di imputazione eccepiti dai difensori, avvocato Valerio Vartolo, e dall’avvocato Andrea Di Pietro, che affianca Vartolo in rappresentanza dell’Ufficio di Assistenza Legale di Ossigeno per l’Informazione (vedi). Il giudice ha pertanto invitato il Pubblico Ministero a precisare meglio la contestazione, integrandola in modo documentato.
Ossigeno, insieme a Media Legal Defence Initiative (MLDI) ha deciso di sostenere la difesa di Stefania Limiti giudicando il valore strategico del processo a suo carico per mettere in luce prassi giudiziarie che sottovalutano il valore della libertà di stampa, le norme di legge che la tutelano, la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani.
Nel suo libro-inchiesta sui retroscena della strage di Capaci, la giornalista Stefania Limiti espone fra l’altro la tesi che fra gli autori e i mandanti dell’attentato non ci sarebbero solamente esponenti di Cosa Nostra, ma anche un cosiddetto livello superiore, oscuro, comunque legato ad apparati dello Stato.
Questa ipotesi è avanzata da una persona intervistata senza rivelarne il nome. Alla giornalista è stato contestato l’articolo 371 bis c.p. (false informazioni al pm) in quanto ha rifiutato di rivelare l’identità della fonte, avvalendosi del segreto professionale dei giornalisti nonostante l’ordine del giudice di rompere il vincolo della riservatezza. In caso di condanna Stefania Limiti rischia fino a 4 anni di carcere.
ASP
notiziario.ossigeno.info
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