Guerra tra ex pm. Per le frasi pronunciate in conferenza stampa contro il titolare dell'inchiesta sul caso Manca
Viterbo. Oltre il diritto di critica.
Nelle parole di Antonio Ingroia, in un’accesa conferenza stampa nel 2014, il tribunale di Perugia vede un’offesa all’ex collega Renzo Petroselli. Termina così il primo atto della guerra giudiziaria tra gli ex pm di Palermo e Viterbo.
Il giudice civile Paola De Lisio ha condannato in primo grado Ingroia al risarcire per i danni da diffamazione l’ex toga viterbese, titolare dell’inchiesta sulla morte di Attilio Manca, il giovane medico siciliano trovato cadavere nella sua casa a Viterbo nel febbraio 2004. Ingroia assiste la famiglia Manca come avvocato.
Una vicenda ad alta tensione, con la procura e i parenti da sempre schierati su binari opposti: quello di un’overdose da eroina – per gli inquirenti – e l’omicidio di mafia secondo i familiari.
Il clima si surriscalda a dieci anni dalla morte del medico: dopo l’avviso di garanzia a Ingroia per calunnia nei confronti dell’ex capo della squadra mobile di Viterbo Salvatore Gava, il legale e la famiglia Manca indicono una conferenza stampa. Ed è in quell’occasione che Ingroia calca la mano contro l’ex collega, insinuando dubbi sulla sua preparazione professionale; Petroselli, per tutta risposta, incarica l’avvocato Floriana Clementi di chiedere i danni in sede civile per diffamazione.
Al tentativo di mediazione, Ingroia non si presenta. Nel frattempo, l’indagine sull’ex pm di Palermo per calunnia finisce in archivio. Ma la causa civile va avanti. Fino alla sentenza di primo grado, che sottolinea il “carattere offensivo” e “l’attacco morale alla persona” di Petroselli, “trascendendo l’esercizio del diritto di critica”.
Ingroia ha impugnato: a suo dire, com’è scritto nell’atto di appello, “l’unico vero attacco personale e gratuito è stata l’incriminazione del pm” per calunnia, “vista la totale infondatezza dell’accusa”.
A novembre sarà di nuovo battaglia. In appello.
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Info: attiliomanca.it
In un Paese al contrario come l'Italia può accadere che - attraverso una sentenza che si commenta da sola - si cerchi di ostacolare un avvocato indomito alla ricerca della verità su uno dei casi più controversi d'Italia. Ad Antonio Ingroia la piena solidarietà di tutta la redazione di Antimafia Duemila