In Lombardia il generale ciellino e' solo un ricordo del potere che fu
di Andrea Montanari
Per diciotto anni al comando senza soluzione di continuità. Anni segnati da manie di grandezze e battute sprezzanti. Ma oggi in Lombardia quasi nessuno parla più dell'uomo che, intanto, si è ritagliato uno spazio nel panorama romano
Fino a qualche anno fa Roberto Formigoni era il personaggio simbolo del potere ciellino in Lombardia. Nella sanità e non solo. Oggi, quello che era conosciuto, non a caso, come il "Celeste", guida da senatore la commissione parlamentare Agricoltura di Palazzo Madama. Incarico per il quale è stato rieletto nel 2016 visto che fa parte del gruppo Ap-Ndc che fa parte della maggioranza risicata al Senato che sostiene il governo Gentiloni. E carica che ha già chiarito non lascerà nonostante la condanna in primo grado a sei anni per corruzione.
In Lombardia, però, di Formigoni ormai non parla quasi piu nessuno. Il suo potere sembra solo un ricordo. L'attuale governatore della Lombardia, il leghista Roberto Maroni, ha fatto di tutto in questi anni per cercare di dimostrare la "discontinuità" del suo governo rispetto a quello del Celeste.
Sembra passato un secolo dalle missioni all'estero di Formigoni in tutto il mondo. Dai capi di Stato ricevuti nel suo ufficio al trentesimo piano del Pirellone, dove ogni giorno facevano la fila manager sanitari in cerca di una riconferma, imprenditori, politici. Erano gli anni in cui Formigoni parlava di sè in terza persona. Quelli del Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, dove ogni anni era protagonista incontrastato.
Era riuscito perfino ad inventare il "formaglione". Un maglione per le vacanze pagate disegnato da un suo supporter. Formigoni aveva addirittura indetto un concorso per dare un nome al prodotto di questo suo fan. Il gusto per la battuta però non l'ha mai perso, neanche ora che si ritrova in una posizione politica più defilata. Come quando ai giornalisti che gli chiedevano se potessero chiamarlo col titolo di presidente anche nel suo nuovo ruolo, rispose, senza fare una piega: "Certo che potete, presidente è una categoria dello spirito".
O più recentemente quando, dopo la condanna nel processo sui favori nell'ambito della sanità lombarda, il Celeste ha tagliato corto parlando del suo: "Vivrò con poco, del resto ho sempre fatto una vita morigerata". Triste epilogo per un uomo che ha guidato la Lombardia ininterrottamente per diciotto anni.
Anche perché fino a questo momento, Formigoni era riuscito a uscire con la testa alta da ogni inchiesta che lo aveva visto coinvolto. Si vantava di "aver avuto dodici processi e di avere avuto dodici assoluzioni". Diceva di essere "limpido come acqua di fonte". Lui che per anni aveva aspirato a guidare il centrodestra dopo Berlusconi e che il Cavaliere, invece, quando era al governo, aveva costretto a rimanere nel recinto politico lombardo. "Un generale pieno di medaglie come me" si sfogava Formigoni con i suoi fedelissimi.
Era noto che l'ex che il presidente della Lombardia aspirasse a un ruolo di primo piano nel governo, ad esempio come ministro degli Esteri. Ma a dare il colpo di grazia alla sua ultima giunta nel 2012 e a portare la Lombardia ad elezioni anticipate nel febbraio 2013 fu la Lega di Roberto Maroni, ma anche dell'allora emergente leader del Carroccio, Matteo Salvini, che staccarono la spina dopo l'arresto dell'assessore regionale, Domenico Zambetti.
Lui, comunque, si dice certo che alla fine uscirà pulito anche da questa vicenda giudiziaria. Ha giurato che "mai ha ricevuto vantaggi per piegare la sua attività di amministratore". I suoi fedelissimi sostengono che è stato il bersaglio di un caccia grossa, come accadde a Bettino Craxi. Nel frattempo, però, la sua parabola discendente di politico sembra inarrestabile.
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