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zuccaro carmeloL’intervista
di Alessandra Ziniti
Il magistrato che conduce l’inchiesta siciliana: “Ho informazioni che non possono essere usate in un processo”
CATANIA. Alle sette di sera, solo nel suo ufficio al primo piano di giustizia, per nulla travolto dal coro di critiche che rischiano di far passare lui, magistrato da sempre sotto traccia, prudente e riservato, in una toga d’assalto sensibile alle lusinghe della notorietà, il procuratore Carmelo Zuccaro accetta di fare il punto con Repubblica sulla scivolosissima indagine sull’operato delle Ong.

Anche il ministro Orlando si è stupito delle sue accuse e l’ha invitata a parlare con gli atti giudiziari. Che risponde?
«È giusto che un magistrato parli con gli atti giudiziari e naturalmente lo farò quando e se sarò in grado di formulare imputazioni nei confronti di singoli. Ma adesso, da magistrato, ho il preciso do vere di denunciare un gravissimo fenomeno, criminale, per arginare il quale la politica deve intervenire tempestivamente. Se si dovessero aspettare i tempi lunghi di un’indagine che sarà complessa e per la quale ho bisogno di uomini e mezzi di cui al momento non dispongo, sarebbe troppo tardi. E a ragione, tra qualche tempo, mi si potrebbe rimproverare: ma dov’eri tu mentre succedeva tutto questo? Accadde così anche vent’anni fa quando i colleghi che si occupavano di mafia denunciarono il fenomeno delle collusioni ben prima di avere le prove su singoli soggetti».

Ma lei le ha le prove dei comportamenti poco trasparenti di cui accusa le Ong?
«Spero di chiarire una volta per tutte. Quando io parlo di prove intendo prove giudiziarie, da poter portare in un dibattimento. Queste prove non le ho ma la certezza, che mi viene da fonti di conoscenza reale ma non utilizzabile processualmente, che alcune delle navi operano all’interno delle acque territoriali, che vi siano state delle conversazioni dirette, in lingua araba, tra soggetti che stanno sulla terraferma in Libia ed esponenti delle Ong che dichiarano di essere lì pronti a recuperare i migranti, che le navi spengono i trasponder perché non venga individuata la loro posizione, che prendano a bordo migliaia di persone ben prima che si verifichi una situazione di pericolo. E dunque fuori dalle norme di legge».

Andiamo ai soldi. Lei ha detto una cosa gravissima. Che alcune Ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti e che addirittura avrebbero come fine di destabilizzare l’economia italiana. Anche di questo ha le prove?
«È un’ipotesi di lavoro. Dimmi chi ti finanzia e ti dirò chi sei. Dai bilanci delle Ong che abbiamo acquisito è evidente che abbiano una disponibilità finanziaria enorme. Ora, se è giustificato che organizzazioni di comprovata solidità come Msf o Save the children possano contare su questa disponibilità, lo è molto di meno per altre. Stiamo lavorando per sapere chi sono questi finanziatori, se oltre quelli dichiarati ce ne sono altri e da dove provengono questi soldi. Che un’organizzazione come Moas possa spendere 400mila euro al mese è un dato che merita un approfondimento».

Tratto da: La Repubblica

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