Pg aveva chiesto ergastolo. Corte conferma, non fu basista
Milano. La prima Corte d'Assise d'Appello di Milano ha confermato l'assoluzione per Filippo Marcello Tutino, accusato di essere stato il presunto basista della strage mafiosa di via Palestro, avvenuta nel capoluogo lombardo il 27 luglio del 1993 e in cui persero la vita 5 persone e altre 12 rimasero ferite a causa dell'esplosione di un'autobomba davanti al Padiglione d'Arte contemporanea. Il sostituto pg Tiziano Masini aveva chiesto l'ergastolo per l'imputato, come la Procura in primo grado, ma la Corte, presieduta da Sergio Silocchi, ha confermato oggi per Tutino, difeso dall'avvocato Flavio Sinatra, il proscioglimento deciso dalla Corte d'Assise nel giugno dello scorso anno. Non sono sufficienti - come avevano spiegato i giudici di primo grado nelle motivazioni - le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, pur "attendibile" come Gaspare Spatuzza, per condannare all'ergastolo un imputato, quando mancano prove a suo carico. Già in carcere ad Opera per la condanna inflitta dal gup di Palermo a 10 anni e 8 mesi di reclusione per essere un affiliato alla famiglia mafiosa dei Brancaccio, Tutino il 13 gennaio 2014, proprio in seguito alle dichiarazioni di Spatuzza, si era visto notificare una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere con l'accusa di strage aggravata dalle finalità di eversione dell'ordine democratico e di aver favorito Cosa Nostra. Per la strage di via Palestro sono stati già condannati in via definitiva in passato molti dei protagonisti della stagione delle stragi compiute dalla mafia e che insanguinarono l'Italia negli anni '90: Totò Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella, i fratelli Graviano e Formoso, Matteo Messina Denaro, lo stesso Spatuzza. Tutino era accusato di aver partecipato al furto dell'auto che poi salò in aria e di aver fornito supporto logistico agli esecutori materiali. Grazie alla partecipazione a quella strage, secondo l'accusa, sarebbe stato riabilitato da Cosa Nostra dopo che, per uno sgarro, era stato relegato ai margini. Ipotesi questa che, però, non ha retto nemmeno in secondo grado (le motivazioni della sentenza tra 90 giorni).
ANSA