Si dichiara "soddisfatto" per la sentenza del processo Capaci-bis arrivata nella tarda serata di ieri e che ha condannato quattro dei cinque imputati all'ergastolo, mentre uno è stato assolto. Ma ci tiene anche a precisare che "la Procura di Caltanissetta non si fermerà nella ricerca della verità" su quanto accaduto quel pomeriggio del 23 maggio del 1992 sull'autostrada che porta dall'aeroporto a Palermo. Amedeo Bertone è da appena due giorni il nuovo Procuratore capo di Caltanissetta e ieri sera ha voluto esserci, alla lettura della sentenza, nell'angusta aula di giustizia del Tribunale di Caltanissetta, insieme con i colleghi Lia Sava, Stefano Luciani, Gabriele Paci e Onelio Dodero. Tutti presenti ad ascoltare la pesante sentenza di condanna. "La linea dell'accusa è stata accolta - dice Bertone all'Adnkronos - Leggeremo le motivazioni per l'assoluzione di Vittorio Tutino, ci riserviamo di impugnare la sentenza di assoluzione". "Credo che tutta l'impostazione dell'accusa sia stata accolta - prosegue Bertone - perché le dichiarazioni dei collaboratori Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina hanno avuto riscontro".
Poi aggiunge: "Faremo tutte le indagini per cercare ulteriori verità, oltre a quelle che già sono emerse, occorre tempo e sarà nostro scrupolo portare termine queste ulteriori investigazioni". Alla domanda su eventuali mandanti esterni, Bertone allarga le braccia e spiega: "Pur essendo acquisiti elementi inquietanti, il problema è trovare verità processualmente sostenibili. In ogni caso sarà nostra cura approfondire il profilo. Sono emersi elementi nell'istruttoria che devono essere approfonditi, ma che allo stato non ci consentono di giungere ad affermazioni in termini di processo".
E sul nuovo processo che potrebbe essere aperto a carico del boss latitante Matteo Messina Denaro, ritenuto un altro mandante della strage, spiega: "E' una elaborazione di elementi che fanno ritenere anche un ulteriore sviluppo". Durante la prima udienza del processo Capaci-bis, iniziato proprio il 23 maggio del 2014, in concomitanza con l'anniversario della strage, l'allora Procuratore capo Sergio Lari disse che la "guerra allo Stato era inziiata proprio con la strage di Capaci". E oggi Amedeo Bertone aggiunge: "Potrebbe essere cominciata anche prima con il fallito attentato all'Addaura, è chiaro che con Capaci c'è stato il primo vero attacco di Cosa nostra allo Stato".
Bertone parla anche delle dichiarazioni rese pochi giorni fa a Palermo dalla Presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi secondo cui oggi la mafia stragista sarebbe stata sconfitta: "La stagione stragista, e me lo auguro davvero, è finita perché la mafia ha proseguito un'attività di azione un po' sommersa - dice il Procuratore Bertone - L'attacco allo Stato non può essere adottato in modo permanente, gli affari richiedono che la mafia in qualche modo finisca di fare azioni eclatanti".
La sentenza dei giudici della Corte d'assise di Caltanissetta è stata emessa nella tarda serata di ieri, dopo oltre undici ore di Camera di consiglio. Carcere a vita per i mafiosi Salvo Madonia, Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro e Lorenzo Tinnirello, e assoluzione per Vittorio Tutino. Madonia è ritenuto dai giudici uno dei mandanti della strage di Capaci in cui vennero uccisi Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, e gli uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Mentre Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo e Lorenzo Tinnirello sarebbero altri esecutori materiali. Per tutti la Procura aveva chiesto l'ergastolo.
La Corte d'assise di Caltanissetta, presieduta da Antonio Balsamo, ha anche concesso il risarcimento danni ai familiari delle vittime e agli enti e alle associazioni antimafia costituiti parte civile. Particolarmente importanti le dichiarazioni dei pentiti Fabio Tranchina e Gaspare Spatuzza. Tranchina ha raccontato ai magistrati che nei mesi precedenti alla strage di Capaci, parlando con il boss Giuseppe Graviano, nei mesi precedenti alle stragi, fece un’osservazione su Giovanni Falcone, vedendolo in tv: “Il giudice era insieme alla scorta e dissi a Graviano: ‘Questo è inavvicinabile’. Lui mi guardò come a dire ‘aspetta che poi vedi come è inavvicinabile'”, ha raccontato il collaboratore di giustizia.
“Poco prima avevo visto caricare delle armi che erano destinate a un’azione eclatante a Roma – ha aggiunto – Capii allora che si dovevano usare per colpire il magistrato, ma poi non se ne fece nulla”. Il progetto di eliminare Falcone nella Capitale venne accantonato e Cosa nostra decise di ucciderlo mentre ritornava a Palermo percorrendo l’autostrada, a Capaci. “Qualche giorno prima della strage di Capaci – ha spiegato Tranchina – Graviano mi disse di non passare per un po’ sull’autostrada. Io avvertii anche i miei familiari che avevano una villetta nella zona”. “Graviano quasi si giustificava dell’attentato a Falcone – ha rivelato il pentito – e mi diceva che ‘la gente non si lamenta di quello che è accaduto, perché in fondo muoiono più persone con gli incidenti'”. Tranchina si è poi sfogato facendo riferimento alla strage di via D’Amelio: “La strage in cui morì il giudice Borsellino, ma anche fatti come l’attentato al vicequestore Germanà, sono fatti che mi hanno sconvolto la vita. Io dovevo solo occuparmi della latitanza di Graviano e mi sono ritrovato in mezzo ad altre cose”.
Ma la nuova inchiesta sulla strage di Capaci era stata avviata dopo le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza che aveva rivelato nuovi dettagli sull'eccidio. L'ex braccio destro dei fratelli Graviano di Brancaccio aveva raccontato ai magistrati soprattutto il ruolo svolto dalla famiglia mafiosa di Brancaccio. Adesso la Procura sta lavorando a un nuovo processo che vede come imputato il boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro, ritenuto uno dei mandanti della strage di Capaci e della strage di via D'Amelio. E ieri sera sono arrivati altri quattro ergastoli per la strage di Capaci. Mentre la ricerca della verità continua senza sosta.