16 luglio 2014
Il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca è stato assolto, assieme al cugino Giuseppe Brusca, dall’accusa di tentata violenza privata. La decisione e’ del giudice monocratico della seconda sezione del tribunale di Palermo, Pasqua Seminara. La Procura aveva chiesto la condanna a un anno di carcere.
Assieme al cugino, il pentito di San Giuseppe Jato (Palermo) era accusato di avere cercato di sottrarre beni alla confisca e di aver tentato di riprendersi con le minacce parte del patrimonio intestato a due coniugi di Altofonte, paese a dieci chilometri dal capoluogo siciliano, che aveva usato come prestanome.
I reati di intestazione fittizia e tentata estorsione aggravata erano stati contestati all’inizio della vicenda, ma il primo era poi saltato per effetto della prescrizione, mentre l’estorsione era stata derubricata in violenza privata, di competenza del giudice monocratico.
L’indagine era nata dall’intercettazione di una conversazione di un cognato di Brusca con la sorella, Rosaria Cristiano, la moglie del pentito. I carabinieri cominciarono a controllare la corrispondenza di Brusca e trovarono una sua lettera a un presunto prestanome, l’imprenditore Santo Sottile, dal quale l’ex capomafia pretendeva la restituzione di diversi beni.
Nella casa di Brusca vennero trovati 180 mila euro, che il collaboratore sostenne essere i suoi “risparmi di una vita”.
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