23 aprile 2013
Palermo. Il sequestro e l'omicidio del giornalista Mauro De Mauro, scomparso la sera del 16 settembre 1970 a Palermo mentre tornava a casa "è un omicidio che si iscrive tra gli omicidi eccellenti che hanno devastato Palermo, un delitto riconducibile a Cosa nostra ma che, come tutti gli omicidi politici, hanno una concausa: il movente non si ferma a Cosa nostra e alle sue dinamiche, o alla volontà di controllo del territorio, ma va anche al di là". Con queste parole il sostituto procuratore generale di Palermo Luigi Patronaggio ha aperto la sua relazione introduttiva per la riapertura dibattimentale del processo d'appello per l'omicidio De Mauro. L'unico imputato è il boss mafioso Salvatore Riina che in primo grado venne assolto dall'accusa di essere il mandante. Il magistrato che sostiene l'accusa ritiene che l'omicidio De Mauro "fu avallato da Riina". "La sentenza di prima grado punta per l'omicidio De Mauro sulla scomparsa di Enrico Mattei - dice il pg Patronaggio - attraverso lui passava lo sviluppo industriale di quegli anni. Fu ucciso per una convergenza di interessi dai servizi segreti. Noi siamo convinti che il movente dell'omicidio De Mauro sia dovuto al fatto che il giornalista aveva carpito dei segreti e si apprestava a rivelarli al regista Francesco Rosi. Noi siamo d'accordo sul movente, tuttavia la Corte prende una strada che fa del movente non l'elemento catalizzatore delle prove". "Riteniamo che è fondamentale trovare il movente in un omicidio - dice ancora Patronaggio - ma se non lo troviamo e abbiamo prove solide, non è necessario arrivare al movente. Abbiamo diversi collaboratori come Mutolo, Mannoia, Di Carlo e Buscetta e tutti ci dicono che la decisione di uccidere De Mauro era stata presa dai vertici di Cosa Nostra. Tutti i pentiti esaminati ci dicono che l'omicido fu voluto dal triumvirato di cui faceva parte Riina".
Adnkronos