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di Nuccio Anselmo - 23 marzo 2013
Le mani della mafia barcellonese sui grandi appalti degli anni Novanta e Duemila, con una serie di imprese vessate e danneggiate. Il ruolo ricoperto dall’avvocato Rosario Cattafi nell’ambito della “famiglia”. È questo e anche altro l’atto di conclusione delle indagini preliminari dell’operazione antimafia “Gotha 3”, che per questo troncone adesso concluso vede indagate otto persone tra capi, gregari e picciotti. Si tratta di Tindaro Calabrese, il boss barcellonese divenuto capo dei Mazzarroti dopo l’allontanamento di Carmelo Bisognano, e poi di Salvatore Campanino, originario di Castroreale, Agostino Campisi, originario di Patti, dell’avvocato barcellonese Rosario Pio Cattafi, del “cassiere” della famiglia mafiosa Giuseppe Isgrò, del capo Giovanni Rao, anche lui originario di Castroreale, e infine di Roberto Ravidà, originario di Oliveri, e Salvatore Carmelo Trifirò, originario di Barcellona.

Ma la novità rispetto alla fase iniziale delle indagini riguarda l’avvocato Cattafi, perché nell’atto ex 415 bis c.p.p. c’è una nuova contestazione accusatoria che lo riguarda, ed è quella di calunnia ai danni del boss Melo Bisognano, da tempo collaboratore di giustizia, e del suo avvocato Fabio Repici. Perché? Secondo i magistrati della Dda peloritana l’avvocato Cattafi con l’esposto presentato nel luglio del 2011, con il verbale di sommarie informazioni rese ai Ros nell’ottobre del 2011, e infine con l’interrogatorio del luglio 2012 «...  accusava  falsamente Repici Fabio di aver determinato la collaborazione di Bisognano Carmelo, al fine di indurre quest’ultimo a rilasciare dichiarazioni  accusatorie nei  suoi confronti  e specificatamente che egli Cattafi era uno dei soggetti posti  al vertice  dell famiglia mafiosa “barcellonese”». Il nucleo centrale delle contestazioni accusatorie a capi e gregari della famiglia mafiosa barcellonese coinvolti, per la “Gotha 3” ruota intorno ad una serie di estorsioni che hanno visto a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila le imprese Co.ge.ca. srl, Venumer srl, Mediterranea Costruzioni srl, Sicilsaldo srl, Elicona Scavi srl. E viene anche dalle clamorose dichiarazioni che a suo tempo rilasciarono gli imprenditori Torre, che erano stati colpiti in precedenza da un provvedimento di sequestro preventivo del patrimonio. Rispetto agli arresti dell’estate 2012 c’è stata oggettivamente una evoluzione nella partita a scacchi della Procura antimafia di Messina e la mafia barcellonese.

Per esempio rispetto alla posizione dell’avvocato Cattafi, che dopo l’arresto ha riempito parecchi clamorosi verbali con la Procura di Palermo raccontando la sua verità sulla trattativa Stato-mafia, e che non più tardi di una settimana fa s’è visto restituire i beni a suo tempo sequestrati, con una decisione della sezione Misure di Prevenzione del tribunale peloritano. Sempre per Cattafi è in fase di stallo invece il pronunciamento del Riesame sulla sua posizione dopo il rinvio delle Cassazione, visto che i suoi legali hanno ricusato i giudici.

Ma è cambiato qualcosa anche sul piano fondamentale dei collaboratori di giustizia della famiglia mafiosa barcellonese, perché si è pentito il ventottenne Salvatore Campisi, che è figlio di Agostino Campisi, un ragazzo delle cosiddette “nuove leve” che dal luglio scorso ha raccontato ai magistrati della Dda peloritana parecchie cose nuove sulle dinamiche criminali degli ultimi anni, compreso il ruolo che ha ricoperto il padre Agostino nell’ambito del gruppo. Una parte delle dichiarazioni di Salvatore Campisi sono già confluite in un processo appena due giorni addietro, l’operazione “Vivaio”, ovviamente piene zeppe di omissis rispetto al racconto integrale. E saranno probabilmente quegli omissis, una volta svelati, a dettare le prossime fondamentali operazioni antimafia per azzerare ancora più duramente la sanguinaria famiglia dei Barcellonesi.

Nuccio Anselmo (Gazzetta del Sud, 23 marzo 2013)

Tratto da:
19luglio1992.com

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