5 novembre 2012
Palermo. "E' proprio dal suo epilogo del 1994, che viene ancor meglio in evidenza la vera posta in gioco di tutta la 'trattativa'. Essa non è stata limitata a singoli obiettivi "tattici", come la tregua per risparmiare gli uomini politici inseriti nella lista mafiosa degli obiettivi da eliminare, o l'allentamento del 41 bis e gli altri punti del papello, ma - assai più ambiziosamente - ha avuto ad oggetto un nuovo patto di convivenza Stato-mafia, senza il quale Cosa Nostra non avrebbe potuto sopravvivere e traghettare dalla Prima alla Seconda Repubblica". E' quanto si legge nella memoria scritta dai pm di Palermo nell'ambito della trattativa tra lo Stato e Cosa nostra. "Un patto di convivenza che, da un lato, significava la ricerca di nuovi referenti politici e, dall'altro lato, la garanzia di una duratura tregua armata dopo il bagno di sangue che in quegli anni aveva investito l'Italia - si legge - ' proprio questo il senso più profondo della strategia violenta che ebbe inizio con l'omicidio Lima. Fu certamente la risposta di Cosa nostra allo Stato che, dopo la sentenza di Cassazione del maxiprocesso, aveva messo in crisi la credenza d'impunità dei boss, condizione essenziale per la sopravvivenza dell'organizzazione criminale mafiosa stessa. Ciò nonostante, è indubbio che il programma omicidiario-stragista nacque dalla necessità per i boss di ristrutturare radicalmente ed in modo irreversibile e violento il rapporto con la politica. Uno scontro che ha portato il Paese a un capovolgimento politico e istituzionale".
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