28 maggio 2012
Palermo. Salvatore Cuffaro avrebbe «avvantaggiato il mandamento mafioso di Brancaccio, la famiglia mafiosa di Villabate e concretamente gli interessi di Cosa nostra e di Bernardo Provenzano nella sanità attraverso Michele Aiello». Esordisce così, nella sua requisitoria, il pg Luigi Patronaggio, pubblica accusa al processo d'appello all'ex governatore accusato di concorso in associazione mafiosa.
Dal reato il governatore, che sconta una condanna a 7 anni per favoreggiamento aggravato, venne prosciolto per «ne bis in idem». Il verdetto fu impugnato. Per il pg, che sta esaminando davanti alla corte le dichiarazioni del pentito Giuffrè, «l'input alle cosche a votare Cuffaro nel 2001 arrivò dal boss Bernardo Provenzano che aveva interessi nel mondo della sanità». Anche un altro collaboratore di giustizia, Ignazio Di Gati, riferisce che dai vertici dei clan e in particolare dal capo della mafia di Agrigento Maurizio Di Gati, arrivò l'indicazione ai «picciotti» di votare l'ex governatore. Circostanza confermata dallo stesso capomafia Di Gati poi pentitosi. Ma cosa ricavò la mafia dal sostegno elettorale all'ex presidente della Regione? «Di Gati doveva essere aiutato nell'apertura di alcune farmacie. La cosa, però, non andò poi a buon fine», ha spiegato. Patronaggio ha ricordato l'incontro tra Cuffaro e l'ex mafioso Angelo Siino finalizzato sempre all'appoggio elettorale. «Non ci credo - ha detto il pg - all'idea di un Cuffaro sprovveduto che non sa chi ha davanti, che non conosce lo spessore criminale dei suoi interlocutori. Siino aveva stretto mani che grondavano sangue, mani di boss come Santino Pullarà».
ANSA