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Tommaso Formoso è stato condannato all’ergastolo per l’attentato del luglio ’93
di Cesare Giuzzi - 28 aprile 2012
Si chiude così uno spiraglio per cercare di fare definitivamente luce sulla strage costata la vita a cinque persone

Nessuna revisione del processo a carico di Tommaso Formoso, condannato all’ergastolo per aver partecipato all’organizzazione dell’attentato del luglio ’93 in via Palestro. L’uomo, in carcere da dieci anni, era stato «scagionato» dalle parole del pentito Gaspare Spatuzza, le cui rivelazioni hanno già fatto riaprire i processi sulla strage di via D’Amelio. Ma venerdì la Corte d’Appello di Brescia, chiamata a pronunciarsi sull’istanza di revisione del processo avanzata dai legali di Formoso, gli avvocati Raffaele Bonsignore e Salvino Mondello, ha respinto la richiesta.

L’UOMO DI ARLUNO - Spatuzza era stato ascoltato a fine marzo in videoconferenza e in aula aveva confermato che durante le fasi preparatorie e quelle operative degli attentati non ha mai avuto modo di conoscere Tommaso Formoso, ma solo il fratello Giovanni (come lui all’ergastolo). Anzi, secondo il collaboratore di giustizia (le cui dichiarazioni hanno già fatto condannare Francesco Tagliavia per la bomba di Firenze), Tommaso Formoso non solo non sarebbe il famoso «uomo di Arluno» indicato dalle sentenze sulle stragi, ossia colui che guidò il camion carico di esplosivo fino alla «base» del commando, ma neppure avrebbe mai saputo del progetto stragista. Piano al quale invece ha partecipato attivamente il fratello che da Tommaso, «con una scusa» sostiene Spatuzza, s’era fatto prestare mentre lui era in Calabria la villetta di Arluno, dove sono stati scaricati e preparati i 130 chili d’esplosivo. A nulla sono valsi i numerosi dubbi sollevati dagli avvocati di Formoso che hanno fatto leva anche sui tanti buchi neri che ancora ci sono intorno all’attentato milanese. In particolare, solo di recente, è finito indagato Marcello Tutino indicato proprio da Spatuzza e mai emerso dalle indagini dell’epoca.

L’ATTENDIBILITA’ - Con il no alla revisione del processo si chiude così uno spiraglio per cercare di fare definitivamente luce sulla strage costata la vita a cinque persone. Il procuratore generale, nella sua requisitoria, non ha messo in discussione l’attendibilità del collaboratore di giustizia «che comunque non è stata esaminata», ma ha sostenuto che le rivelazioni di Spatuzza non hanno cambiato ma solo chiarito per quanto possibile il contesto dell’attentato. Questo anche se il pentito abbia negato con forza l’idea di un possibile coinvolgimento di Tommaso Formoso nel gruppo stragista. Per questo la sentenza bresciana, le cui motivazioni arriveranno tra 90 giorni, potrebbe aprire un caso nella vicenda giudiziaria che vede al centro le rivelazioni dell’ex braccio destro dei fratelli Graviano.

Tratto da: milano.corriere.it

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