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9 marzo 2012
Roma. «Concediamo a Marcello Dell'Utri il ragionevole dubbio». Non come privilegio ma perchè non c'è la prova che nella sua condotta il senatore Pdl abbia realizzato il concorso esterno in associazione mafiosa. È per questa ragione che il pg della Cassazione, Mauro Iacoviello, chiedendo l'inammissibilità del ricorso della Procura di Palermo e l'accoglimento di quello della difesa di Dell'Utri, ha sollecitato ai giudici della quinta sezione penale un nuovo processo davanti alla Corte d'Appello di Palermo. «In pratica -ha sostenuto il pg nella sua requisitoria- manca il capo di imputazione nella condotta di Dell'Utri perchè secondo la Corte d'Appello si sarebbe realizzato il concorso semplice fino al 1982, poi sarebbe diventato concorso esterno fino al 1992. Che tesi è? Sareste i primi a sostenerla». In pratica, secondo la pubblica accusa di Piazza Cavour, «il concorso esterno in associazione mafiosa è diventato un reato autonomo. A questo reato non ci crede più nessuno. E non ne faccio -ha precisato Iacoviello- una questione a favore dell'imputato». In aula, al momento delle richieste della Procura, si è affacciato anche il pg Gianfranco Ciani, che sarà il prossimo procuratore generale di Piazza Cavour. Iacoviello, inoltre, quasi a voler sgombrare il campo dalle polemiche che avevano investito il collegio presieduto da Aldo Grassi che dovrà giudicare la vicenda Dell'Utri, ha espresso «apprezzamento per questa Corte di grandissimo prestigio». Dell'Utri attenderà la sentenza a Milano. E, come aveva già fatto sapere il suo difensore Massimo Krogh, «il senatore è fiducioso». La quinta sezione penale della Cassazione dovrà decidere se confermare o meno la condanna a 7 anni di reclusione inflitta a Dell'Utri il 29 giugno 2010 che aveva ridotto la pena a 7 anni perchè, nonostante l'apporto del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, non aveva ritenuto provata l'esistenza di un patto mafioso nella fase politica dell'impegno di Dell'Utri. La condanna più pesante era stata quella inflitta al senatore Pdl dal Tribunale di Palermo che, l'11 dicembre 2004, gli aveva inflitto 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa proprio perchè l'accordo con la mafia e, in particolare, con i fratelli Graviano, era stato ritenuto provato anche dopo il 1993. Secondo la Procura di Palermo rappresentata da Antonino Gatto, i giudici di appello avevano dato scarsa rilevanza alle dichiarazioni del pentito Spatuzza che, nelle sue dichiarazioni, aveva parlato di un vero e proprio «patto tra cosa nostra e Forza Italia». Un giudizio non condiviso dalla Procura di Piazza Cavour che poco fa ha sollecitato l'inammissibilità del ricorso del pm palermitano. L'udienza è stata sospesa e riprenderà alle 15.

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