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13 febbraio 2012
Palermo. La Procura di Palermo ha depositato agli atti del processo al generale dei carabinieri Mario Mori e al colonnello dell'Arma Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato alla mafia, oltre mille pagine di attività integrativa di indagine. In particolare i pm Antonio Ingroia e Nino Di Matteo hanno depositato tre verbali di interrogatori fatti all'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino. L'ex ministro - sentito ad aprile, prima da solo e poi in confronto con il collega Claudio Martelli, e a dicembre scorso - è ritenuto dai pm uno dei personaggi chiave per ricostruire il periodo della cosiddetta trattativa vista la sua permanenza al Viminale dal 28 giugno del '92 al '94, periodo cruciale, per i magistrati, del presunto patto stretto tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Il pentito Giovanni Brusca ha indicato Mancino come «terminale finale» del papello, l'elenco con le richieste che Totò Riina avrebbe fatto allo Stato in cambio della fine della strategia stragista. Mancino ha sempre negato l'esistenza di una trattativa. L'ultima volta, a dicembre scorso, l'ex ministro è stato sentito sulla sua nomina al Viminale. La decisione di togliere, nel giugno del 1992, a Vincenzo Scotti l'incarico di ministro dell'Interno e di assegnarne la guida a Mancino sarebbe stata, secondo Scotti, «improvvisa». Mancino ha detto ai pm di non avere idea del perchè venne scelto alla guida del Viminale. Sulla vicenda sono stati depositati anche gli interrogatori degli ex segretari della Dc Ciriaco De Mita e Arnaldo Forlani. De Mita ha parlato di «un normale avvicendamento». L'ex segretario Dc ha spiegato che agli Esteri serviva un personaggio di spicco come Scotti e di non sapere nulla delle assicurazioni ricevute dal collega di partito, fino alla sera prima della nomina, circa una sua conferma al Viminale. Forlani, come De Mita, ha ricondotto a ragioni politiche la sostituzione di Scotti. I pm hanno depositato anche nuovi interrogatori di Nicolò Amato e Adalberto Capriotti, i due capi del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che si avvicendarono nel 1993. In particolare, Capriotti ha dovuto rendere conto del documento con cui il 26 giugno proponeva, per distendere il clima, una riduzione del 41 bis per i boss irriducibili e il non rinnovo del carcere duro per oltre 300 mafiosi di media pericolosità. «Ero arrivato da poco, praticamente me lo fecero firmare», si è difeso Capriotti che ha indicato nel suo vice, Francesco Di Maggio, nel frattempo morto, l'ideatore della strategia della distensione. Tra i documenti a disposizione delle difese, i pm hanno inserito anche il verbale di Giuseppe La Greca, capo di gabinetto dell'ex ministro della Giustizia Giovanni Conso.

ANSA

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