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13 febbraio 2012
Catanzaro. «Le istituzioni devono impegnarsi nella ricerca del corpo del nostro caro così come hanno fatto in altri casi sotto la spinta del clamore mediatico». A dirlo sono stati stamani i genitori ed il fratello di Michele Penna, ucciso nell'ottobre del 2007 a Stefanaconi (Vibo Valentia) ed il cui cadavere non è stato mai trovato. Stamani, nel palazzo di giustizia di Catanzaro, era in programma il processo in Corte d'assise d'appello ad uno dei presunti autori dell'omicidio Emilio Antonio Bartolotta, di 33 anni, condannato in primo grado a 25 anni di reclusione. Il presidente, però, si è astenuto in quanto ha già giudicato il secondo presunto autore del delitto, Andrea Foti, di 31 anni, che il 7 febbraio scorso si è visto ridurre la condanna da 16 a 10 anni di reclusione. Secondo l'accusa, Penna fu ucciso per punizione perchè aveva una relazione con la moglie di un esponente di spicco della cosca Petrolo-Bartolotta, di cui egli stesso avrebbe fatto parte. Gli imputati si sono sempre proclamati innocenti. «Della quarantina di casi di lupara bianca avvenuti nel nostro territorio - ha detto il fratello di Penna, Enrico - quello di Michele è uno dei pochi in cui si sa tutto, chi è stato, chi lo ha fatto sparire. Ma ancora non c'è il corpo. Chiediamo che venga ritrovato il corpo, così come nel caso di Yara e Sarah, in cui lo Stato si è mosso per il clamore mediatico». «Il mancato ritrovamento del corpo - ha detto il legale della famiglia, l'avv. Fabio Repici - significa da parte dello Stato abdicare al controllo del territorio e lasciarlo alla criminalità. Nelle intercettazioni agli atti dell'inchiesta di fanno anche i nomi di chi avrebbe occultato il cadavere, ma non sappiamo se siano stati indagati o interrogati. Sulla vicenda, in passato, è stata presentata una interrogazione parlamentare. È auspicabile che su questa vicenda torni l'attenzione del Parlamento». La famiglia di Penna si è anche rivolta alla trasmissione di Rai3 «Chi l'ha visto».

ANSA

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