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Farabollini: “Quel che è successo non è stato un evento straordinario. E la sfortuna non c'entra. Questo è un disastro annunciato”

È di 11 morti, circa 50 feriti, 2 dispersi e 150 sfollati il bilancio dell’alluvione che due giorni fa ha colpito l’entroterra marchigiano.

Nella regione si è verificato il nubifragio più intenso degli ultimi dieci anni e la causa sarebbe il caldo torrido di questa estate. Tra giovedì e venerdì notte sono caduti 400 millilitri di acqua per metro quadro, lo stesso quantitativo che precipita in sei mesi, nei paesi di Senigallia, Cantiano e Pianello di Ostra al confine con l’Umbria, e questo ha portato il fiume Misa da 20 cm a 5,31 metri in un’ora e mezza. Secondo l’esperto di clima Bernardo Gozzini è avvenuto un temporale V-shaped alimentato continuamente da correnti d’aria umida.

L’accaduto è stato drammatico, in poco tempo le strade si sono trasformate in torrenti e le case si sono allagate fino al primo piano. Carlo Manfredi, sindaco di Castelleone di Suasa ha definito l’evento “una situazione apocalittica, una cosa mai vista in 62 anni. Piante di grossissimo fusto trasportate come fuscelli”.

A due giorni dal disastro climatico che ha coinvolto le Marche è stato recuperato il corpo di una delle tre persone disperse. L’undicesima vittima, Michele Bomprezzi, residente ad Acervia è stato ritrovato a Serra De’ Conti. Le ricerche dei dispersi sono durate tutta la notte, non sono stati ancora ritrovati il bimbo di 8 anni Mattia Luconi e la 56enne Brunella Chiù. La Prefettura di Ancona ha spiegato: “La maggior parte di queste persone (sfollate) si trova nel comune di Senigallia, ma il numero è in crescita” e in una nota ha annunciato: “Al riguardo sono stati predisposti dalle forze di polizia dedicati servizi di prevenzione e controllo sugli immobili evacuati”.

Il dirigente della Protezione Civile della regione Stefano Stefoni ha dichiarato: “Stanno arrivando altri volontari da altre regioni come Emilia-Romagna e Abruzzo, vengono anche altre associazioni nazionali. Stanno convergendo risorse umane e materiali da tutta Italia, che dislocheremo nei posti dove ci sono stati i maggiori danni e che hanno pagato il maggior prezzo in termini di vite umane, per fare un presidio e offrire un sostegno alla popolazione”.




In queste ore c’è ancora molta preoccupazione per la tempesta e il forte vento che si sta abbattendo su Senigallia. Si guarda con preoccupazione anche ad altre regioni italiane, in particolare Umbria, Campania, Basilicata e Calabria, su cui la protezione civile ha posto un’allerta arancione.

Ci si interroga sul perché non sia stato previsto un evento così grave e dalle prime analisi degli esperti sembra che ci siano state valutazioni approssimative; a detta dei sindaci delle zone colpite dal disastro il bollettino pervenuto era di colore verde e giallo, ma non c’era alcuna nota che facesse pensare a così elevate quantità di pioggia. Inoltre dall’ultima alluvione, che era avvenuta nel 2014 e che aveva causato tre morti, non sono stati effettuati interventi di prevenzione efficace.

Sull’accaduto si è espresso Piero Farabollini, ex commissario per il terremoto nelle Marche e ora presidente dei geologi della regione, dichiarando “Quel che è successo non è stato un evento straordinario. E la sfortuna non c'entra. Questo è un disastro annunciato”. Il fatto che il progetto per la costruzione di vasche di laminazione a monte del fiume Misa sia stato approvato solo lo scorso aprile dall’assessore Aguzzi, nonostante se ne discutesse da anni, è indice che non ci si è interessati abbastanza della questione. Farabollini ha dichiarato: “Bisogna mettersi in testa che il cambiamento climatico ormai è un dato di fatto e che certi fenomeni non possono più essere considerati eccezionali, ma la normalità. Succedono e continueranno ad accadere”.

Per il presidente dei geologi delle Marche, l’unica soluzione è quella della resilienza, occorre mantenere puliti i letti dei fiumi e alzarne gli argini, infatti ha affermato: “Non si può ragionare per medie annuali, ma casomai per picchi stagionali. Se il clima è cambiato e su questo non si discute, anche il nostro approccio deve cambiare”.

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