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Una rete internazionale tra Italia, Europa e Sudamerica, che gestiva un consistente traffico di stupefacenti secondo rotte diverse in base al tipo di sostanza, è stata smantellata dai carabinieri del Comando Provinciale di Torino, con l'aiuto dei rispettivi uffici esteri. Sono al momento 11 gli indagati (italiani, albanesi e polacchi) per associazione finalizzata al narcotraffico internazionale e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti: 30 le perquisizioni eseguite nel corso delle indagini, condotte sul territorio nazionale e all'estero (Ecuador, Slovenia, Albania, Polonia, Germania, Svizzera). Solo in Italia i militari dell'Arma hanno sequestrato oltre 80 chilogrammi di cocaina e più di 7 chilogrammi di marijuana, per un valore complessivo di 4,5 milioni di euro circa, arrestando in flagranza 8 corrieri che viaggiavano a bordo di auto appositamente modificate in Slovenia. Le indagini del Nucleo Investigativo di Torino sono partite nel 2017 da alcuni arresti nelle strade della movida torinese, in particolare nei quartieri San Salvario e San Paolo, a seguito dei quali i carabinieri hanno ricostruito la filiera dei pusher, tutti centroafricani, arrivando a un soggetto albanese, attraverso il quale produttori esteri, corrieri e acquirenti avrebbero concluso gli affari.I militari hanno ricostruito il tragitto dell'ingente flusso di sostanze giunte in Piemonte e in tutto il Nord Italia grazie all'organizzazione che era ben strutturata e aveva al vertice un ecuadoriano, Ergys Dashi, ritenuto capo dell'organizzazione e ucciso a colpi di pistola in viso lo scorso 22 gennaio, in un ristorante di Guayaquil (Ecuador).Le indagini hanno anche evidenziato le diverse rotte seguite per l'approvvigionamento delle sostanze stupefacenti - la rotta atlantica per la cocaina e i paesi balcanici per la marijuana - destinate prevalentemente allo smercio nel nord Italia, in territorio sloveno, olandese, svizzero e tedesco. L'organizzazione inoltre stoccava la merce, che arrivava via mare dal Sud America tramite la tecnica del rip-off in porti nord europei, in case affittate a prestanome dello stesso gruppo criminale. Da lì la droga viaggiava poi su strada su autovetture di grossa cilindrata modificate con vani artigianali.

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