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L’episodio che in questi giorni ha visto un nostro coraggioso collega imprenditore di Agrigento oggetto di una minaccia mafiosa riporta di drammatica attualità la questione del pizzo alle imprese, che l’attuale emergenza sanitaria sembrava aver relegato in secondo piano. Come acuti osservatori hanno ammonito, le attività mafiose non sembrano risentire della quarantena, ma anzi stanno traendo nuova linfa dall’indebolimento di molte imprese, pronte ad aggredirle con maggiore vigore al momento opportuno. Nel momento in cui questa previsione dovesse avverarsi, gli imprenditori siano consapevoli che la denuncia collettiva rimane l’unico strumento che si è rivelato efficace per debellare il fenomeno del pizzo, e che l’acquiescenza alle richieste estorsive può rivelarsi una strada senza uscita e sconfinare nella complicità con l’apparato mafioso. Le associazioni antiracket, formate da colleghi volontari, hanno dimostrato nei fatti la verità di questa affermazione, ridando dignità e speranza a migliaia di imprenditori.

Purtroppo il movimento delle associazioni antiracket in Italia, e in particolar modo in Sicilia, dopo la stagione dei risultati esaltanti nel contrasto alle mafie del pizzo, da qualche tempo vive un momento di incertezza, in parte dovuto a scelte organizzative non sempre felici, ma, soprattutto, per l’atteggiamento ostile di talune Istituzioni che non hanno saputo capitalizzare le esperienze positive del movimento antiracket e in qualche modo ne hanno determinato la battura d’arresto. In questo senso sono emblematici gli atteggiamenti di pervicace indifferenza degli organi regionali che hanno azzerato i modestissimi contributi economici destinati alla sopravvivenza delle associazioni siciliane, l’uso disinvolto e distorto delle misure interdittive persino a danno di associazioni promotrici di centinaia di denunce e altrettanti processi, l’ottusa burocrazia e la consapevole complicità malavitosa di organi pubblici, le difficoltà e le lungaggini per l’accesso ai fondi per le vittime della mafia e, infine, la fallimentare gestione dei beni confiscati.

Malgrado queste difficoltà, la nostra Rete, formata da poche ma determinate realtà associative, ritiene che l’impegno per la legalità e contro le minacce mafiose è una priorità che non può essere archiviata e per questo a nome delle associazioni aderenti diamo la nostra solidarietà all’imprenditore minacciato e l’apprezzamento per le attività meritevoli messe in campo dall’associazione Libero Futuro di Agrigento.

Salvatore Giuffrida
Presidente della Federazione Rete No Mafie

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