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di Nando dalla Chiesa
Egualitario, non c'è dubbio. In un mondo retto su squilibri vertiginosi il Covid ha ucciso medici eccelsi e pazienti ignari di tutto. Ha ucciso Luis Sepulveda scrittore di fama mondiale e ospiti anonimi di residenze sanitarie. Lo abbiamo pensato in tanti. Ma io, divorato dalle mie allucinazioni domestiche, sono andato oltre. Ho pure pensato che, con l'aiuto della legge e di qualche magistrato, il C ovid ha realizzato un altro, supremo, capolavoro di uguaglianza: ha messo agli arresti domiciliari sia gli assassini mafiosi sia le loro vittime. Meglio, i familiari delle vittime; perché le vittime subiscono da tempo un diverso, più ultimativo genere di costrizione. Insomma, in nome del Covid è giunta per tutti la stessa misura coercitiva. Eri in carcere per reati gravissimi? Arresti domiciliari. Eri in ufficio, per strada, a scuola, libero di lavorare, amare, incontrare? Arresti domiciliari. Tutti insieme. Visti "causa e pretesto", come direbbe Guccini, può sembrare umorismo grezzo.
E invece, al di là delle spiegazioni giuridicamente sempre compite, contiene un nucleo di verità sconvolgente. Perché c'è sempre uno "spirito del tempo" in cui gli uomini vivono. Prima impalpabile, poi forte, sempre più forte. Oggi ne è parte dominante il virus. Non solo il Covid, ma anche gli altri che hanno mietuto vite in Asia o in Africa. Il nostro, dicono gli scienziati, è appunto il tempo del virus che dal mondo animale viene, va e poi ritorna. Ma dello spirito del tempo fanno parte anche altre cose, che cambiano di Paese in Paese.
E nel nostro c'è qualcosa che da anni sale, sale come una marea: la benevolenza verso i boss mafiosi, la fine delle punizioni "troppo dure", una generale domanda di impunità. Si avvertono i vagiti di un'era nuova, ne cogli i segni con lo stesso istinto con cui nella foresta gli animali sentono l'arrivo di un pericolo.
I diritti umani. La Corte europea. Le perizie psichiatriche: pensate, li mandano agli arresti domiciliari (fatto vero!) perché soffrono la reclusione in carcere. E le perizie mediche: "potrebbe succedere" ("potrebbe"), come con i moribondi che poi vivono per anni. L'attacco incessante al 41bis. E infine il Covid. Intendiamoci, le organizzazioni mafiose hanno sempre vissuto alla grande sulle emergenze.
Volete che non approfittino del Covid, per fare usura di massa, entrare nelle opere pubbliche e, anzitutto, per ottenere grazie e indulgenze plenarie? La pioggia di richieste di generosità che arriva dai loro avvocati è il segno che anche i boss, che fessi non sono, hanno capito lo spirito del tempo: adesso si può. Adesso che ogni motivazione è buona. Anche quella del rischio contagio. Perfino peri detenuti al 41bis. Come se non ci avessero spiegato per anni che il 41bis è condanna all'isolamento totale, senza contatti umani, neanche con i parenti.
E come se la prima ricetta contro il Covid non fosse proprio il "distanziamento sociale". Cosa c'entra quindi il rischio del contagio? Così, almanaccando su queste "storie italiane" durante la mia giusta reclusione, mi è sovvenuto un bisogno di igiene mentale: che le parole abbiano un'effettiva rispondenza ai fatti. Ho pensato cioè che il bambino che sente "magistrato di sorveglianza" immagina un tipo burbero che con una pila in mano cammina di notte in un carcere per accertarsi che tutto funzioni a dovere, che le condanne inflitte vengano effettivamente eseguite. Poi il bambino cresce, abbandona la pila e inizia a pensare che magari il famoso magistrato di sorveglianza deve anche garantire i diritti dei detenuti.
Quindi si fa adulto e gli sembra che questa figura non sia poi così burbera. Ma sia invece estremamente premurosa verso il detenuto, forse ancor più se dotato di prestigio criminale, e che gli conceda a volte con attento studio delle leggi altre con garrula superficialità benefici insensati e quasi amorevoli, fino a potere essere giocosamente ribattezzato, con parole più appropriate, "magistrato di badanza".
Ah, lo spirito del tempo. Per fortuna non riesce a espellere da sé il senso stupendo del 25 aprile, festeggiato collettivamente anche stando a casa, con gioia di tutti. Con film, musiche e piazze virtuali. A conferma che anche agli arresti domiciliaci, si può fare praticamente tutto quel che si vuole. Bello, no? E se, festeggiato il 25 aprile, ci ribellassimo a questa marea impunitaria e facessimo dai nostri arresti domiciliari una nuova, più modesta ma sacrosanta, "resistenza"?

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

Foto © Imagoeconomica

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