di Martina Milone
A dieci anni dal terremoto che la notte tra il 5 e il 6 aprile colpì L’Aquila, la città è ancora un cantiere a cielo aperto. La ricostruzione non è ancora stata ultimata, ma gli aquilani ce l’hanno messa tutta per far ripartire quel centro distrutto dalla fatidica scossa delle ore 3,32. Tra questi anche i magistrati che dal 2009 a oggi solo per i crolli del dopo sisma hanno aperto 200 fascicoli d’inchiesta. “Di questi nessuno è caduto in prescrizione - spiega il pubblico ministero Fabio Picuti -. Diciannove indagini si sono chiuse con un rinvio a giudizio e alcuni processi, arrivati fino in Cassazione, si sono conclusi con l’accertamento della responsabilità penale e condanne per crollo colposo o omicidio colposo”. La pena massima irrogata è stata di quattro anni. Ma le sanzioni, sottolinea il pm, non sono importanti. “Dal terremoto abbiamo capito che non è lui a causare vittime. Le vittime sono sono causate da coloro che costruiscono gli edifici, o li progettano, senza rispettare le regole. È questa l’origine della tragedia”.
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