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cucchi ilaria film camera deputati c imagoeconomicaElena Ricci replica all’articolo sulle minacce online ricevute dalla sorella del geometra morto: «Come giornalista io ho semplicemente svolto il mio lavoro, scrivendo articoli suffragati da atti processuali. Non mi sono mai resa protagonista di insulti o minacce»
di Elena Ricci
In merito all’articolo a firma di Ilaria Sacchettoni «Ilaria Cucchi e i social: “La mia vita sconvolta da minacce continue”, Un post di insulti sarebbe della portavoce del Sap» (Corriere 4 novembre), specifico che la parte relativa alla sottoscritta, non risponde a verità e risulta pertanto calunniosa e lesiva della mia immagine, sia dal punto di vista personale e professionale (perché i giornalisti informano, non insultano), sia per quanto concerne il mio rapporto di lavoro con il Sindacato Autonomo di Polizia, del tutto estraneo ai miei articoli, poiché la sottoscritta ha iniziato a trattare giornalisticamente il caso molto prima di iniziare la collaborazione con il Sap.

Nell’articolo si scrive: «Al sospetto sui post si somma un attacco alla vittima, un’offensiva riconducibile a Elena Ricci, portavoce del Sap, lo stesso sindacato di Polizia che durante un congresso, anni fa, tributò un applauso agli agenti coinvolti nella morte di Federico Aldrovandi». Accostare la mia persona a una vicenda strumentale e non veritiera, non fornisce alcuna notizia di pubblico interesse al lettore, se non una cattiva descrizione della sottoscritta e del suo lavoro che, nel suo piccolo, cerca di portare all’attenzione dell’opinione pubblica «l’altra versione», quella che non viene raccontata perché la signora Cucchi, ad oggi — ed è un dato oggettivo —, mediaticamente non ha mai avuto un contraddittorio con le altre parti in causa. Mi stupisce che proprio una collega del Corriere utilizzi la vicenda strumentale degli applausi, quando proprio lo stesso Corriere ha dato spazio all’epoca, alla smentita (documentata) del Sap (corriere.it/cronache/14_giugno_11/aldrovandi-il-sap-taroccato-video-applausi-agenti).

Come giornalista io ho semplicemente svolto il mio lavoro, scrivendo articoli suffragati da atti processuali. Non mi sono mai resa protagonista di insulti o minacce nei confronti della sig.ra Cucchi, pur non condividendo (spero che la libertà di opinione sia ancora permessa) le modalità con le quali affronta questo processo, strappato dal suo alveo naturale, il tribunale, per essere trascinato sulla piazza mediatica, dove gli imputati finiscono in pasto all’ira degli internauti, senza quel minimo rispetto di diritti costituzionalmente garantiti, quali la presunzione di non colpevolezza. Detto ciò, invito pubblicamente la collega ad indicare, documentando, i post o gli articoli a firma della sottoscritta, ove appaiano insulti rivolti alla signora Cucchi. Se dovesse riscontrarne, non esiterò un solo minuto a scusarmi ma, se per insulto, si intende avere un’opinione divergente o specificare e scrivere in un articolo cosa dice la perizia, l’ennesima perizia, che esclude le lesioni quali causa di morte, bè… attendo con ansia la querela per «reato opinione» o per il «reato di verità» del quale mi macchierei altre infinite volte.

roma.corriere.it

Foto © Imagoeconomica

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