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domino claudio 610 effdi Manlio Melluso
Claudio Domino aveva solo undici anni quando fu ucciso. Un killer gli sparò il 7 ottobre 1986, quasi 32 anni fa. Anni passati senza che i genitori abbiano mai saputo la verità sull’omicidio, sul perché della morte di loro figlio. Da quel delitto ci fu una esplicita presa di distanza di Cosa nostra: durante un’udienza del maxiprocesso a Cosa nostra Giovanni Bontade, fratello di Stefano, lesse alcune righe, dicendo esplicitamente: “Noi non c’entriamo”. Vera o finta che fosse quella presa di distanza, la verità sulla morte di Claudio Domino non è mai emersa. Oggi Antonio Domino, il padre di Claudio, non nasconde l’amarezza per una verità che lo Stato non ha saputo dargli: “In uno Stato civile ci sono gli organi preposti ad accendere i fari su questi fatti e hanno il dovere istituzionale di cercare la verità, subito o negli anni - dice - Lo Stato deve dare assistenza immediata a quelle famiglie che hanno subito un danno esistenziale, ma contemporaneamente deve dare una risposta a quei cittadini che chiedono la verità”. L’analisi di Antonio Domino è quella di una persona delusa, le cui aspettative sono state tradite: “I fatti dimostrano il contrario - dice - Sull’omicidio Borsellino, per esempio, c’è un tira e molla, su tanti altri omicidi non è mai stata fatta chiarezza, nemmeno su quello di mio figlio. Per questo da parte mia come di tanti altri c’è amarezza nei confronti dello Stato che, dopo un primo intervento di peso, ha cominciato a tacere, a non farsi più sentire. Significa che le istituzioni sono impotenti? che hanno al loro interno determinati legami che impediscono di scoprire la verità? Noi - afferma Domino - ci facciamo mille domande. Nel caso di mio figlio, dopo 32 anni, è come se non fosse successo nulla. Ma questo vale per lui come per tanti altri”. Anche quando si parla delle commemorazioni della Strage di Capaci Antonio Domino torna a parlare della necessità di avere la verità sulla morte di tutte le vittime di mafia, nessuna esclusa: “Ben vengano le ricorrenze per commemorare il 23 maggio e via D’Amelio - dice - Siamo orgogliosi di ricordare chi ha sacrificato la propria vita. Ma quanti non vengono dimenticati? da carabinieri a bambini o tanti ‘sconosciuti’ che si sono trovati nella traiettoria di una pallottola di passaggio. Mettiamoli nei libri di storia”, dice Domino. “Sono i benvenuti i ragazzi dal Nord, dobbiamo fare vedere che la Sicilia è cambiata. Ma è sufficiente? - si chiede ancora Domino - Così diventa soltanto uno spettacolo preannunciato. Non è questo che vogliamo. Noi chiediamo giustizia e verità, non vogliamo le sfilate. A noi interessa che il mondo sappia che c’è uno stato forte - conclude - che dia risposte ai suoi cittadini e che condanni i colpevoli”.

ilgazzettinodisicilia.it

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