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porcaro gregorioLibera Sicilia si unisce all’amara riflessione di  Ignazio Cutrò, presidente dell’associazione nazionale “Testimoni di Giustizia”, il cui ricorso contro la revoca delle speciali misure di protezione nei suoi confronti e di quelli della sua famiglia è stato rigettato dal TAR Lazio.

“Nonostante lo Stato oggi abbia unilateralmente voltato le spalle a me, a mia moglie e ai miei figli - afferma lo stesso Cutrò - continuerò a testimoniare gli ideali di giustizia e proseguirò il mio impegno contro le mafie e a sostegno dei testimoni di giustizia. Sono ritenuto colpevole di avere dato voce a chi, con coraggio civile, aveva affidato la propria stessa vita allo Stato e, in cambio, aveva ricevuto da esso solo sofferenza e isolamento. Alquanto ridicola poi l’ affermazione che la famiglia Cutrò non è esposta ad alcun concreto pericolo di vita. Forse una passeggiata per Bivona aiuterebbe la Commissione Centrale a chiarirsi meglio le idee”.

Forte la risposta di Libera Sicilia su quanto sta accadendo.

“E’ veramente incredibile e non degno di un Paese civile – dichiara Gregorio Porcaro (in foto), coordinatore regionale di Libera Sicilia – che possa accedere tutto ciò.  Ovunque, una persona come Ignazio Cutrò sarebbe stata protetta senza se e senza ma. Soprattutto in virtù di quanto da lui fatto. Crediamo che lo Stato debba fare la sua parte e dare segnali forti a chi crede di potere agire indisturbato, prendendo di mira chi ha deciso di mettere in gioco la propria vita per diffondere e difendere ideali alti”.

Sulla vicenda di Ignazio Cutrò era intervenuto anche G.C., altro testimone di giustizia, la cui residenza è oggi in località protetta.

“A distanza di pochi giorni dalla notizia che su Ignazio Cutrò pende una condanna a morte da parte delle famiglie mafiose dell'agrigentino, nessun segnale di attenzione è giunto dal Ministero degli Interni alla famiglia del nostro amico. Non una telefonata da parte del Ministro Marco Minniti o  da parte della Commissione Centrale presieduta dal viceministro Domenico Manzione, non una chiamata da parte del nuovo prefetto di Agrigento, Dario Caputo, del Procuratore della Repubblica di Palermo o del Procuratore Nazionale Antimafia. So bene che stiamo facendo il possibile per richiedere non solo spiegazioni ma anche un loro immediato intervento a tutela della vita della famiglia Cutrò. Chiedo, però, a tutti di intensificare i nostri sforzi sollecitando, con forza e determinazione, una risposta chiara e trasparente da parte delle istituzioni coinvolte in questa brutta vicenda”.

ANTIMAFIADuemila
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