L'ex procuratore aggiunto - che dal 2013 a capo di Sicilia e-servizi, poi rinominata Sicilia digitale spa, società che gestisce la piattaforma informatica dell’amministrazione regionale - è finito indagato in un filone d’indagine aperto in seguito a una segnalazione partita dalla Ragioneria generale della Regione Siciliana
Una nuova indagine per peculato. Nel registro degli indagati della procura di Palermo il nome di un ex magistrato che dello stesso ufficio inquirente è stato procuratore aggiunto: quello di Antonio Ingroia. Dopo l’inchiesta dello scorso marzo, ancora in corso ache davanti alla Corte dei conti, l’ex pm – che dal 2013 a capo di Sicilia e-servizi, poi rinominata Sicilia digitale spa, società che gestisce la piattaforma informatica dell’amministrazione regionale – è accusato dello stesso reato in un altro filone d’indagine aperto in seguito a una segnalazione partita dalla Ragioneria generale della Regione Siciliana. Sul caso indaga la Guardia di finanza, coordinata dai sostituti procuratori Enrico Bologna e Pierangelo Padova. A renderlo noto è l’edizione palermitana di Repubblica.
Le Fiamme gialle hanno acquisito documenti per verificare se Ingroia – che quattro anni fa ricevette l’incarico di guidare la società a partecipazione regionale dall’ex governatore Rosario Crocetta – lo scorso novembre abbia percepito compensi non dovuti. La nuova contestazione riguarda il 2017, mentre quella precedente si riferisce al triennio 2014-2016. A marzo, interrogato sul primo fascicolo, l’ex magistrato (che ora svolge la professione di avvocato), si era difeso sostenendo che i suoi compensi rientravano nei limiti previsti dalla legge.
Per il’accusa, invece, una legge regionale prevede un tetto ai compensi che sarebbe stato superato. In quell’occasione l’ex pm aveva percepito 117mila euro come indennità di risultato, a fronte di un compenso complessivo di 147mila euro. Cifra che secondo l’accusa il manager si sarebbe pagato da solo, mentre Ingroia sostenne che il compenso gli era stato riconosciuto dall’assemblea dei soci per i traguardi raggiunti. Inoltre, una parte delle spese affrontate da Ingroia per le trasferte (dal 2013 è residente a Roma e la società ha sede a Palermo), secondo l’accusa non potevano essere rimborsate.
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