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terremoto norcia c ansadi Paolo G. Brera
Il 26 e il 30 ottobre 2016 le scosse che hanno messo in ginocchio 4 regioni. Finite quasi nell’ombra dopo le 299 vittime di agosto. A 365 giorni da allora a Norcia tornano i turisti, ma il resto del cratere è un paesaggio fantasma

Norcia. In un luogo dell’anima che si chiama Torricchio - cinto da un triangolo duecentesco di mura, all’apice di un colle tra boschi e vette innevate nel comune di Pieve Torina - l’unico abitante è Lola, cavalla bianca dei Sibillini. Gli altri li ha cacciati il terremoto. Non quello mortale di Amatrice; quello dimenticato del 26 ottobre, un anno fa: non uccise nessuno, sì, ma squassò quattro regioni.
«È stato un terremoto fortissimo, il mio paese è finito», disse quella notte il sindaco di Ussita, Marco Rinaldi, con la torcia in mano. Quattro giorni dopo, il 30, arrivò una scossa più forte, magnitudo 6,5. Molto è cambiato, da allora? «Non sono più sindaco. E il mio paese resta distrutto». A Camerino vivevano settemila residenti e i novemila studenti dell’università. «Oggi - racconta il sindaco, Gianluca Pasqui - abbiamo 3.200 persone con il contributo di autonoma sistemazione, 400 in albergo e 160 in container. Il centro storico è zona rossa, e non abbiamo una sola casetta. Il sistema Italia, nelle calamità, non funziona».
Lola, la cavalla libera tra i prati e l’acciottolato di Torricchio, va a zonzo tra case di pietra bianca inagibili. Nell’unica intatta, fuori le mura, abitano Sonia Girolami e la sua famiglia di agricoltori. «D’estate, qui, c’erano 80 persone», racconta Gianfranco Scagnetti, uno dei non più residenti. Ha tempestato di email Comune e Soprintendenza per chiedere di salvare il suo borgo. A ogni scossa, nella messe infinita di tremori quotidiani, si schianta un ciottolo dalle mura del castello del 1240, via un coppo dalla chiesetta di Santa Caterina, anno domini 1562. «A novembre 2016 abbiamo scritto l’ordinanza per la messa in sicurezza di chiesa e mura medievali», racconta il sindaco Alessandro Gentilucci: «Ma il nulla osta è arrivato adesso».
Fa male, veder buttar via così tempo e gioielli, quelli che la storia ci ha consegnato e non riusciamo a proteggere; ma è l’ultimo dei mali che affliggono quest’altro terremoto, finito nell’ombra dello strazio per i 299 morti della valle del Tronto. È mai possibile che la “Soluzione abitativa emergenziale” promessa dallo Stato «entro sei mesi» sia un miraggio? Su 3.702 “Sae” ordinate da 51 Comuni, ne sono state consegnate 1.043. Se togliamo quelle per il sisma del 24 agosto - 436 consegnate ad Amatrice, 188 ad Accumoli e 112 ad Arquata - nel resto del cratere sono 297. E quelle ancora in cantiere (se va bene: qui e là, da Preci alle frazioni di Cascia, deve ancora essere aperto) sono 2.659.
Ricordate Peppina, la nonna costretta a traslocare dalla casetta costruita per non farle abbandonare il paese? Nei prati e nei giardini di Pieve Torina, «dove abbiamo il 93% di case inagibili», ne sono spuntate decine. I fiori sul davanzale, il coraggio e la speranza tra pareti di legno. «Guardate questa. Il proprietario - indica il sindaco Gentilucci - viveva in quella casa di pietra da demolire. Cosa dovrei fare? Ha senso costringerlo a buttar giù la casetta che si è costruito da solo con i soldi del “Cas”, il contributo di autonoma sistemazione? Se hai un’attività commerciale lo Stato ti consente di realizzare una struttura provvisoria in deroga. Lo stesso per i moduli abitativi di allevatori e agricoltori, e persino le Sae sono in deroga. Ma allora perché discriminare il privato che si arrangia?».
In fondo ai tornanti di montagna di questi paradisi da sogno, ecco Bolognola steccata di putrelle d’acciaio e travi di legno, chiodata e cinta da funi per non lasciarla sgretolare. Casette, qui dove «negli anni 1930 e 1934 la neve ci ha sepolti due volte uccidendo 38 persone»; qui dove i venti «soffiano più veloci di 200 all’ora, non sappiamo quanto perché si sono portati via la centralina»; qui le casette non sono ancora arrivate, e la neve è vicina. «Ci arrangiamo», dice una donna nell’aia di una delle poche case intatte. Stanno per arrivare, le casette promesse. «Hanno speso 1.750.000 euro per farne 7, vi rendete conto?», allarga le braccia la sindaca, Cristina Gentili, fede «in una destra estrema che non c’è più. Siamo stati il primo Comune a ordinarle, il 5 dicembre. Eccole, le stanno montando e sono anche belle», dice passeggiando in un piazzale realizzato sbancando il monte a bosco. «Costeranno 4.800 euro a metro quadrato. Un alloggio agibile, qui, si valuta 500 euro al metro, una villetta nuova 1.700».
Mica è questione di destra o sinistra. Ma è certo che il centrosinistra, al governo nel Paese e nelle Marche, offre il petto alla lama delle critiche. «Ora aiutiamo tutti la Commissaria alla Ricostruzione, Paola De Micheli: il governo approvi subito il decreto sul Terremoto per sburocratizzare, dar più potere ai sindaci e aiuti al mondo del lavoro. Con le elezioni rischiamo di perdere un anno», dice Francesco Pastorella, portavoce del Coordinamento dei 97 comitati di 4 regioni: «Finite le Sae lavorando giorno e notte, e portate via le macerie anche usando l’esercito».
«Riportate la gente nei paesi di montagna - implora Luigino Maurizi, agricoltore e allevatore, tra le lenticchie e lo zafferano che coltiva sui Sibillini a Cessa Palombo - o le frazioni moriranno e con loro anche le attività come la mia». Luca Tombesi, promotore del territorio, è appena rientrato dal blog tour # Ripartidaisibillini: «La comunità sta risorgendo nonostante assurdità come la Valnerina aperta solo tre ore al giorno, o le gallerie chiuse tra la Salaria e Norcia».
Fa bene al cuore, dopo tanto nulla, passeggiare nella cinta muraria di Norcia, zona rossa progressivamente riaperta. Riecco le botteghe dei norcini, i ristoranti, i turisti. La chiesa di San Benedetto imbragata, qualche strada chiusa, ma la vita è tornata. «Siamo ripartiti - dice Federico Bianconi, titolare di Palazzo Seneca, hotel di lusso con ristorante stellato - Il blocco dei pagamenti delle utenze, la sospensione di contributi e tasse ci ha aiutato ma sta finendo, ed è troppo presto». Norcia è il lato “A” della medaglia. Ci sono state polemiche, ma anche soluzioni come i “moduli abitativi collettivi” su cui ha puntato il sindaco, Nicola Alemanno. «La gente li chiamava lager, i social mi seppellirono. Ne ordinai per dieci edifici da 1.500 metri quadrati realizzati con container, stanze private familiari e zone in comune. Quando li videro mi accusarono di averne fatte poche».
Ma certo è dura. Sette scosse sopra il 5, 6, otto tra 4 e 5, 1.072 come quella di Ischia, 72mila sotto il terzo grado... Le casette dello Stato? Duecento consegnate e 600 previste. «Avevamo 450 partite Iva e le inattive sono solo una quarantina», insiste il sindaco. Però non ci sono le strade. La galleria di forche Canapine è ancora chiusa, la strada sbarrata dal cemento: «Incivile, sì. Otto mesi per il progetto, 4 per le gare e 3 per fare i lavori… Viviamo tra terremoti, frane e alluvioni e non abbiamo ancora un testo unico per gestire le emergenze». E Castelluccio? «Rivediamoci a giugno e conteremo insieme i cantieri della ricostruzione», promette.
Fare presto, sì. Ecco la scuola di Visso. Accanto c’è la sorella maggiore, crollata e intonsa in un centro paralizzato. Casette, per ora, nemmeno una: i bambini fanno tutti i giorni il viaggio dagli alberghi al mare. «Gli iscritti si sono dimezzati», racconta il bidello, Riccardo Corradini: «Ma l’importare era ripartire qui, e lo abbiamo fatto. In fondo noi siamo tutti vivi, ricordiamocelo sempre».

La Repubblica

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