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senato 610 c ansaIl capogruppo grillino a Montecitorio Valente scrive ai presidenti delle Camere sollevando la questione scritta 3 giorni fa dal "Fatto": "E' stato corretto un errore sostanziale senza far votare l'Aula. A Palazzo Madama deve andare la riforma con l'elaborazione originaria"

Il testo della legge elettorale trasmesso al Senato è diverso da quello approvato dalla Camera. La questione dell’errore nel testo del Rosatellum, sollevata per primo da Alfredo D’Attorre dell’Mdp e poi dal Fatto Quotidiano nei giorni scorsi, arriva ora sulla scrivania del presidente del Senato Piero Grasso dopo che il Movimento Cinque Stelle – con il capogruppo a Montecitorio Simone Valente – ha scritto una lettera ai due presidenti delle Camere. “Il testo del Rosatellum pubblicato sul sito del Senato – scrive Valente – contiene una modifica sostanziale rispetto al testo approvato dalla Camera: all’articolo 1, il richiamo ‘di cui al comma 5’ è diventato ‘di cui al comma 6′”. Il M5s sottolinea che, secondo il regolamento del Senato, la correzione dell’errore andrebbe fatta attraverso emendamenti ad hoc in Aula. Mentre Boldrini, modificando il testo, viola il regolamento della Camera produce una “menomazione della sfera di attribuzioni costituzionalmente protette del Senato”.

Ci sono errori di due tipi, ricordano i Cinquestelle: per il primo, gli errori di forma, la correzione necessaria avviene con una votazione subito prima del voto finale; per il secondo esiste il cosiddetto “coordinamento formale”, cioè quello tra il testo della commissione e quello uscito dalle modifiche dell’Aula. Ma quest’ultimo non è il caso sollevato per la riforma elettorale:  “La modifica apportata non può essere ricondotta a quella di coordinamento formale, anche perché l’errore che (Boldrini, ndr) ha indebitamente corretto non solo era già contenuto nel testo approvato dalla Commissione ma, addirittura, era già contenuto nell’emendamento” firmato da Francesco Paolo Sisto (Forza Italia). “Come si capisce, dunque, l’errore contenuto nel testo di legge non deriva dalla necessità di coordinare il testo con gli emendamenti approvati, né in Aula, né in Commissione” conclude Valente. Da qui, l’invito del M5s a Boldrini “ad inoltrare al Presidente del Senato il testo così come votato dall’Aula, rettificando la Sua precedente trasmissione del medesimo”.

Ma cosa c’è in quell’articolo corretto dagli uffici della Camera senza votazioni dell’assemblea? Lo ha spiegato Marco Palombi sul Fatto di tre giorni fa: al capoverso 28 dell’articolo 1 della legge i commi 6 e 7 indicano due modi diversi di assegnare i seggi a una lista che abbia esaurito tutti i candidati in un collegio plurinominale. Quindi serve un modo come “recuperare” i parlamentari ai quali un partito ha diritto. Un esempio “storico” nel suo piccolo è quello di Forza Italia che nel 2001 “perse” 11 deputati a cui aveva diritto e così la Camera non ebbe mai il plenum di 630. Il Rosatellum di modi di “ripescaggio”, però, ne indicava due: il comma 6 diceva che la lista “recupera” il suo eletto tra i candidati nei collegi maggioritari che non hanno vinto; il comma 7 prescriveva invece che l’eletto “passasse” alle liste coalizzate nella stessa circoscrizione. Così i partiti di maggioranza hanno fatto pressione sulla presidente Boldrini e i due commi sono stati “trasformati” come sequenziali: se non basta il comma 6, scatta il 7.

ilfattoquotidiano.it

Foto © Ansa

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