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don ciottiChi è ai margini, oltre alla casa, alla terra e al lavoro, ha bisogno prima di tutto di dignità. Oggi invece la cittadinanza non viene solo negata, ma anche tolta. C’è un infiacchimento delle coscienze. La democrazia è molto minata, è formale, di facciata. E la politica, salvo rare eccezioni, è muta e va a rimorchio delle forze economiche”. Lo ha affermato a Roma don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera, intervenendo alla prima giornata di lavori del terzo incontro mondiale dei movimenti popolari, che sabato 5 novembre incontreranno Papa Francesco in Vaticano. “Solo unendo le forze degli onesti la richiesta di cambiamento diventa forza”, ha detto don Ciotti, facendo riferimento alle conquiste di Libera, tra cui la legge che confisca i beni ai mafiosi e li restituisce alla collettività. “Libere sono le le persone che vivono in dignità - ha ribadito. "Non basta che i diritti siano scritti sulla carta, devono diventare vita. La libertà si realizza se tutti siamo liberi, questa è la più esigente delle responsabilità”. A questo proposito ha respinto “la differenza strumentale e ipocrita tra profughi di guerra e migranti economici”, perché “dove c’è uno sforzo di inclusione a beneficiarne è tutto il contesto sociale”. Nel suo intervento don Luigi Ciotti ha ripreso quell’ idea di ecologia integrale cara a Papa Francesco: “Ha ragione Papa Francesco, che ci ricorda che non ci sono due crisi separate - una sociale e una ambientale - bensì una sola complessa crisi socio-ambientale. Anche per noi è importante non dimenticarci quell’ecologia integrale, perché il mondo è un ecosistema: non si può agire su una parte senza che le altre ne risentano”. “La politica è diventata muta - ha sottolineato - dove sono le voci contro le dittature, i respingimenti, le disuguaglianze? Si è troppo indifferenti di fronte ad una povertà che continua a crescere”. “I poveri hanno sempre bisogno di un aiuto - casa, lavoro, cure - ma prima ancora hanno bisogno di dignità: non basta accogliere, bisogna riconoscere. E allora è chiaro che noi non possiamo costruire speranza, se non partendo da chi dalla speranza è stato escluso. E’ a partire da loro che possiamo sperare di nuovo: perché la speranza o è di tutti o non è speranza”. Don Ciotti ha ribadito la necessità di “porre un freno all’appropriazione privata dei beni comuni” con un “cambiamento che parte dal basso, come nei movimenti popolari”. “I popoli sono la speranza della democrazia”, ha concluso.

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