La storia inedita della lotta al terrorismo in Sicilia
di Maria Luisa Abate
13 ottobre Pescara, in via dei Sabini, presso l’Aula Magna dell’Istituto Alberghiero De Cecco, con la presentazione del libro Tutti gli uomini del Generale, scritto dalla giornalista Fabiola Paterniti, si è inaugurato il percorso che, da questo primo odierno appuntamento, nell’ambito del 21° Premio Nazionale Paolo Borsellino, porterà in data 29 ottobre alla cerimonia finale di premiazione.
La presentazione del libro è stata fatta dall’autrice Fabiola Paterniti con la presenza della dott. Angela Rapicavoli Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale, della Dirigente scolastica dell’Istituto Alberghiero Alessandra Di Pietro, da Neo Nodari che ha istituito e sostiene il Premio Paolo Borsellino e dal direttore del quotidiano Il Centro Mauro Franceschini.
L’aula Magna era gremita di studenti che hanno accolto i relatori e tutti i presenti sulle note di una canzone di Fabrizio Moro dal titolo: PENSA, che parla di pace solidarietà e giustizia e soprattutto della consapevolezza che si ottiene solo col pensare con il proprio cervello senza cadere nella rete di chi vuole comandare in qualsiasi maniera per togliere la capacità del libero arbitrio.
Dopo la calorosa e allegra accoglienza, ha preso la parola Alessandra Di Pietro, che ha voluto ringraziare tutti dichiarandosi orgogliosa della scelta che è stata fatta, dell’Istituto Alberghiero, per aprire il percorso della manifestazione, continuandolo con altri appuntamenti, fino alla premiazione finale del 29 ottobre.
“Il Premio Paolo Borsellino – ha detto Alessandra Di Pietro – è un premio alla cultura della legalità. Attraverso il volume di Fabiola Paterniti scopriamo opere, azioni, testimonianze di persone che hanno rappresentato con la propria esistenza dei comportamenti integri, dei modelli positivi e di eccellenza”.
Neo Nodari, invitato da Alessandra Di Pietro a parlare del Premio Borsellino, da lui stesso istituito, ha detto:
“Cerco di portare avanti quelle famose idee che camminano sulle gambe degli uomini, ogni anno ricordiamo i nomi e i cognomi, di quelle 632 persone, tra cui il Generale Dalla Chiesa, i giudici Falcone e Borsellino, caduti nella lotta alla mafia. Il nostro impegno è quello di mantenere la memoria di queste persone e la testimonianza di impegno civile dei tanti che non si sono arresi. Il nostro è un nucleo di resistenza continua perché la cultura della legalità non può essere solo un esercizio di difesa o di repressione, ma, come scrisse Borsellino, nella sua ultima lettera agli studenti di Bassano del Grappa: dev’essere un movimento morale, culturale, civile, persino religioso che abitui tutti a respirare il fresco profumo della libertà. Borsellino, magistrato, era convinto che la cultura della legalità non dovesse passare dalle aule di giustizia o dalle caserme, ma che dovesse partire direttamente dalle scuole”.
La dott. Angela Rapicavoli ha parlato di speranza partendo proprio dalla frase detta da Papa Francesco: Bisogna educare alla speranza.
Trasmettere la memoria di tutto il patrimonio che i giovani di oggi non conoscono, lavorare ed infine fare una proiezione facendolo conoscere e ricordare come dicevano Falcone e Borsellino.
….” Ho avuto l’onore, ha continuato Rapicavoli,- di conoscerli a Palermo durante un corso seguito per insegnare nelle carceri. Loro avevano capito molto bene con la costituzione del Pull che da soli non si va da nessuna parte. Loro erano consapevoli di poter fare la fine che poi hanno fatto, ma non volevano essere chiamati eroi. La scuola non può rimanere inerme, bisogna lavorare nel quotidiano non possiamo continuare a lavorare nell’emergenza. Si può costruire un futuro solo insegnando e il nostro sforzo nella scuola non può rimanere inerme. Bisogna lavorare sul quotidiano e inizieremo dalla scuola perché solo dalla memoria si può costruire il futuro insegnando il rispetto, rispettando l’altro e rispettando sè stessi. La scuola deve educare alla speranza: ossia dobbiamo partire dalla memoria di chi siamo stati e da dove veniamo per poi proiettarci nel futuro con le utopie e i sogni dei ragazzi, lavorando non sulle emergenze, ma nel quotidiano”.
La giornalista scrittrice Fabiola Paterniti, ha parlato di come è giunta alla determinazione di scrivere un libro che, in sostanza, mette in luce persone che a vario modo hanno lavorato nella clandestinità o sotto copertura al fine di combattere la mafia.
Il problema più grande che si è trovata ad affrontare è stato proprio scovare queste persone che molto speso non avevano rivelato nemmeno ai proprio familiari il lavora che facevano che troppo spesso comportava il rischio per l propria vita e di propri familiari.
Fabiola Paterniti ha spiegato il perché ha voluto raccontare la storia degli uomini del Generale Dalla Chiesa, appunto “tutti gli uomini del generale”
…”perché sono stati fantasmi, hanno dovuto lavorare in clandestinità, in borghese, usando nomignoli, molti erano poco più che ragazzi, hanno rinunciato alla vita personale, alla famiglia, per lo Stato, per garantirci l’Italia che oggi conosciamo, senza stipendi straordinari. E lo Stato poi si è dimenticato di loro, hanno continuato a essere fantasmi, circa 50 persone ma, attraverso la loro stessa testimonianza, ho voluto dare loro un volto e un nome. L’ho scritto perché da giornalista, e da palermitana, ho sentito parlare poco di Dalla Chiesa, perché nessuno ha parlato di questi uomini. componenti del Nucleo Speciale Antiterrorismo costituito proprio da Dalla Chiesa nel 1974, costretti a vivere in clandestinità, giovani che hanno dato la vita allo Stato per difendere la popolazione italiana. Il problema è che sono rimasti fantasmi e lo Stato si è dimenticato di loro”.
Il Direttore Mauro Franceschini ha poi aperto un dibattito con l’autrice ponendole domande soprattutto sul perché alcune persone avevano scelto di stare dalla parte dei terroristi o dei mafiosi,
La Paterniti ha ricordato una frase di Dalla Chiesa rivolta ai politici, date ai cittadini i diritti che gli spettano e darete un’arma in più contro la mafia che si è sostituita allo Stato, perché è più facile.
…”Nei suoi ultimi 100 giorni,- ha detto l’autrice,- a Palermo Dalla Chiesa girava per le scuole e diceva che “una maestra elementare sconfiggerà la mafia”. Purtroppo è più semplice passare sulla strada del favore del potente di turno anziché dalla meritocrazia, e la mafia si alimenta della complicità che passa dall’indifferenza, nel momento in cui non ti interessi, di ciò che ti accade intorno, sei morto. Purtroppo molte persone che hanno lavorato con Dalla Chiesa sono rimaste anonime e sono amareggiate nel vedere e sentire altri che non hanno mai partecipato alla lotto contro la mafia, parlare come se fossero a conoscenza di ogni cosa. In alcuni casi lo Stato ha anche ostacolato la battaglia contro la mafia e infatti, poco prima del sequestro dell’onorevole Moro, decise di sciogliere e chiudere il Nucleo Speciale Antiterrorismo”…“Il problema più importante è che la comunicazione mediale, così come oggi viene fatta è dare alle persone e ancor più ai ragazzi dei falsi miti che diventano tali non per la legalità delle loro azioni, ma magari per la capacità che hanno dimostrato nell’eludere le leggi e uscirne vincitori”.
Gli studenti presenti, che hanno partecipato ad un laboratorio sulla legalità con i loro insegnanti, hanno voluto porgere domande molto interessanti e puntuali su quanto avevano rilevato dalla lettura del libro e dalla conoscenza degli argomenti trattati.
Domande acute che ancora una volta hanno dimostrato che i giovani devono essere informati perché solo dalla conoscenza si può costruire il futuro che deve essere impostato sulla legalità e sul rispetto per sé stessi e per gli altri.
La Dirigente Di Pietro, ha concluso ringraziando e salutando tutti i relatori partecipanti, gli studenti e i loro insegnati, che hanno consentito la riuscita di un incontro di grande interesse.
pescaranews.net