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lumia giuseppe web1di Giuseppe Lumia
Il terremoto ci scuote, prende l’anima, sconvolge la vita di chi l’ha subito, ma interroga ancor di più la coscienza di tutti noi. Ognuno giustamente ha qualcosa da dire, un’esperienza da raccontare perché il terremoto ha attraversato in lungo e in largo il nostro Paese e tutti noi italiani lo abbiamo conosciuto, direttamente o indirettamente, perché le scosse fanno tremare anche a distanza.

Per giorni gli sguardi di tutti noi sono stati puntati sulle immagini strazianti trasmesse dalla tv, su quei corpi ancora in vita strappati alle macerie. Adesso inizia, invece, solo il recupero delle salme. Quante vite spezzate, quanti bambini spazzati via, quante storie si sono consumate in silenzio! Molte adesso riusciamo a leggerle grazie ai media e alla comunicazione online.

Per il momento  è ragionevole  far prevalere la preghiera e l’azione di soccorso, ma è già partita la discussione sulle strategie di intervento, sia nel senso della prevenzione che della ricostruzione. L’unità di intenti delle prime ore rischia facilmente di essere surclassata dalla divisione e dalla polemica, con l’ulteriore rischio che poi la sfiducia e la rassegnazione coprano tutto.
Dobbiamo fare il massimo perché non sia così.
Non sarà facile ma dobbiamo provarci. Facciamo naturalmente tesoro degli errori, ma per convergere e non per dividerci. Facciamo anche leva sulle cose positive che nel passato comunque ci sono state. Dobbiamo, innanzitutto, provare a mantenere alta l’onestà intellettuale e tentare tutti insieme di fare un salto di qualità per trasformare la nostra storica e continua “crisi sismica” in “reazione progettuale”, operosa e concreta. Le vittime devono diventare memoria viva e la memoria viva impegno fattivo.

Sulla prevenzione ormai la comunità scientifica ci consegna delle linee di azione abbastanza condivise. Si conosce bene il rischio sismico, tutto è già mappato, per cui dobbiamo educarci alla responsabilità e alla capacità di reazione.
Così anche su due grandi fronti del fare: quello della ricostruzione delle zone colpite e quello della messa in sicurezza di tutto il patrimonio abitativo, soprattutto di quello antico e di quello moderno, purtroppo costruito in molti casi senza aver rispettato le regole imposte dalle  norme antisismiche.

Allora diciamoci con sincerità alcune cose.

1. Sicuramente faremo bene in termini progettuali sia sulla prevenzione, sia sulla ricostruzione, sia sulla messa in sicurezza, ma attenzione ai due mali che nel nostro Paese distruggono più dei terremoti: la burocrazia e la corruzione, spesso anche mafiosa. Nessuno si illuda, purtroppo ci proveranno, mafiosi e corrotti non aspettano altro. Non possiamo dimenticare che all’Aquila dopo qualche minuto dalle scosse mortali, mentre l’Italia piangeva, loro ridevano e si preparavano all’assalto degli appalti. Dobbiamo utilizzare l’esperienza della seconda fase dell’Aquila e soprattutto dell’Expo. L’Anac di Cantone è pronta, chiederò che anche la Commissione Antimafia faccia la sua parte. È necessario pertanto fare bene, ma anche in tempi brevi con poche norme chiare ed efficaci.

2. I controlli burocratici sono un altro problema non da poco. Solo alcuni sono necessari, per il resto dobbiamo fare in modo che essi non diventino una scusa per rendere ai cittadini ed alle imprese la vita impossibile, bloccando o rallentando i lavori, spesso per fini corruttivi o per paura di mettere una firma. Facciamo e controlliamo, controlliamo e continuiamo a fare. Controlliamo anche la qualità dei materiali ed evitiamo, solo per fare qualche esempio più noto, quello sporco utilizzo del cemento depotenziato fatto in passato soprattutto negli edifici pubblici, come scuole ed ospedali, che alle prime scosse si sbriciolano in un attimo. Già le prime indagini sembrano confermare questa triste realtà su molti edifici crollati.
I direttori dei lavori siano chiamati a svolgere la funzione di pubblici ufficiali con tutte le conseguenze del caso. Così pure per la ricostruzione delle abitazioni si dia ai proprietari un ruolo maggiore, sia di scelta che di possibilità di diventare attori della ricostruzione della propria casa.

3. Meglio ricostruire borghi già esistenti che fare nuove città,  le c.d. “new town”. In Friuli è prevalsa l’idea di rimettere su i paesi distrutti, invece in Abruzzo si è investito sulla costruzione di nuovi quartieri con risultati pessimi in termini di sradicamento e di qualità sociale della vita delle comunità locali. La linea di azione è, quindi, ormai chiara e segnata dall’esperienza.

4. La messa in sicurezza degli edifici delle zone a rischio va programmata con risorse reali, mettendo da parte i proclami e i finanziamenti che sono solo sulla carta. Tempi certi e verifica continua dei risultati devono prendere il sopravvento.

Insieme al giornalista Orfeo Notaristefano ho lavorato a lungo sul terremoto abruzzese. La nostra conclusione fu che “l’Aquila dovesse  tornare a volare”, mettendo a nudo le cose negative ed evidenziando le cose positive.
Facciamo in modo che il cammino sia meno accidentato per i paesini oggi colpiti e che l’Italia tutta torni finalmente a volare.

Tratto da: giuseppelumia.it

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