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Al processo parlano gli avvocati difensori e chiedono che i due principali imputati siano scagionati da ogni accusa
di Francesco Peloso
Città del Vaticano. Dopo la requisitoria e le richieste di condanna da parte del promotore di giustizia vaticano nella giornata di ieri, oggi hanno preso la parola gli avvocati difensori; in particolare si sono svolte le arringhe dell’avvocato Emanuela Ballardini per la difesa di Vallejo Balda e Laura Sgrò per la Chaoqui. L’arringa in favore di Vallejo si è conclusa – informa una nota del direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi - «con la richiesta - in prima istanza - di assoluzione con formula piena da tutte le imputazioni, o - in subordine - di assoluzione dal reato di associazione a delinquere perché il fatto non sussiste e di assoluzione per insufficienza di prove dal reato di divulgazione di documenti riservati in concorso, o - in ulteriore subordine - di assoluzione dal reato di associazione a delinquere perché il fatto non sussiste e del minimo della pena, con attenuanti, per il reato di divulgazione di documenti riservati in concorso». «È seguita l’arringa – riferisce ancora la nota - dell’avvocato Laura Sgrò, per la difesa dell’imputato Francesca Immacolata Chaouqui, che si è conclusa con la domanda di assoluzione con la formula più ampia da tutti i capi di imputazione».

L’udienza di oggi è cominciata alle 9,30, presso l’aula del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano dove sta proseguendo la fase conclusiva del processo in corso per la divulgazione di notizie e documenti riservati. Erano presenti, oltre al collegio giudicante (Giuseppe Dalla Torre, Piero Antonio Bonnet, Paolo Papanti-Pellettier e Venerando Marano) e al promotore di Giustizia (Gian Piero Milano e Roberto Zannotti), gli imputati: Lucio Ángel Vallejo Balda, Francesca Immacolata Chaouqui e Nicola Maio, mentre erano assenti gli imputati Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi. Erano presenti tutti e cinque gli avvocati: Emanuela Bellardini, Laura Sgrò, Rita Claudia Baffioni, Lucia Teresa Musso e Roberto Palombi.

La difesa di monsignor Vallejo, affidata all’avvocata Bellardini, si è concentrata soprattutto nel delineare la situazione di timore psicologico nel quale si trovava il suo assistito nei confronti della Chaoqui, di come si sentisse sotto pressione e minacciato; inoltre ha rilevato come di fatto molto dei documenti riservati finiti nei libri dei due giornalisti Nuzzi e Fittipaldi fossero in realtà già stati pubblicati da alcuni giornali, insomma la riservatezza e segretezza dei documenti trasmessi non è un dato assoluto. Quindi ha messo in luce come Vallejo abbia in realtà collaborato con la giustizia vaticana in modo totale. Fra l’altro è stato mostrato il testo di un messaggio whatsapp della Chaoqui a Vallejo dai toni piuttosto pesanti . Il testo – letto dall’avvocato Bellardini - risale alla metà del 2015. Il messaggio doveva costituire una prova delle pressioni esercitata dalla Chaoqui su Vallejo Balda. Quest’ultimo ha ricoperto gli incarichi di Segretario della Prefettura per gli Affari economici della Santa Sede e di segretario della Cosea, la commissione di riforma delle finanze e dell’amministrazione istituita da papa Francesco (dal lavoro svolto da Vallejo e Balda in quest’ambito proverrebbero parte dei documenti trafugati e divulgati); la sua carriera, tuttavia, era destinata a crescere ancora con l’incarico a Segretario della Segreteria per l’economia, ma s’interruppe invece bruscamente. Quindi, nell’autunno scorso, le indagini svolte dalle autorità vaticane hanno portato al suo arresto e al processo. La stessa Chaoqui faceva parte della Cosea.

D’altro canto la requisitoria pronunciata dal promotore di giustizia lunedì scorso, delineava un quadro assai diverso da quello tracciato dalla difesa per i due principali imputati, ovvero Vallejo Balda e Chaoqui. Il promotore Gian Piero Milano infatti aveva sottolineato diversi aspetti critici della vicenda già emersi per altro durante il dibattimento, come le copiose fotocopie realizzate per «un archivio parallelo» , la conseguente paura degli archivisti della Prefettura che gli atti venissero pubblicati, cosa poi puntualmente avvenuta. Milano ha fatto riferimento al gruppo creato da monsignor Vallejo e ha parlato in proposito di «un’altra Curia» con «finalità, composizione e modi« che non sono quelli della «Curia Romana»: «né per fini né per identità». Il promotore ha parlato ancora di richieste «borderline» e ha ricordato in modo particolare quella di Chaouqui indirizzata a monsignor Vallejo di copiare su carta intestata dello Ior un testo sul Monte dei Paschi di Siena che lei gli aveva inviato via email. Foglio poi stampato con le firme (misconosciute) del direttore generale Rolando Marranci e del presidente dello Ior, Ernst von Freyberg. Chaouqui disse che lo aveva fatto per mettere alla prova il prelato, ma Milano ha affermato: «Non è possibile dopo due anni di conoscenza tra i due asserire una cosa del genere». «Il gruppo – continua – operava in questo modo e in più direzioni».

Nel corso dell’udienza di ieri, l’accusa aveva svolto la requisitoria conclusasi con una serie di richieste di condanna per quattro imputati e di un’assoluzione. Nello specifico il promotore di giustizia aveva chiesto le seguenti pene: tre anni e un mese per monsignor Lucio Angel Vallejo Balda; tre anni e nove mesi per Francesca Immacolata Chaouqui; un anno e un mese per Nicola Maio; un anno per il giornalista Gianluigi Nuzzi (autore del volume Via Crucis). Veniva invece chiesta l’assoluzione per insufficienza di prove per il secondo giornalista imputato, Emiliano Fittipaldi. Gli interventi degli altri avvocati difensori continueranno domani pomeriggio, mercoledì, alle 15,30.

A questo punto la sentenza, inizialmente ipotizzata per domani, dovrebbe slittare a una successiva udienza, forse nella giornata di giovedì. 

lastampa.it

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