Nell'81 la scoperta dell'oscura loggia massonica travolse gran parte della classe dirigente italiana. Il "burattinaio", "Belfagor", "il venerabile", così di volta in volta è stato definito nel corso degli ultimi 40 anni per il coinvolgimento diretto o indiretto in tutti i maggiori scandali dell'Italia repubblicana: tentato golpe Borghese, strategia della tensione, crac Sindona, caso Calvi, scalata ai grandi gruppi editoriali, caso Moro, mafia, tangentopoli. In un'intervista nel 2008 disse: "Berlusconi è l'unico che può andare avanti nella politica di questo Paese"
Licio Gelli durante la presentazione del programma "Venerabile Italia, la vera storia di Licio Gelli"
Arezzo. E' morto Licio Gelli. L'ex venerabile della loggia P2, 96 anni, l'uomo dei misteri più oscuri dell'Italia repubblicana, è deceduto poco dopo le 23 di ieri a Villa Wanda, la sua casa di Arezzo dove era rientrato dopo un recente ricovero in ospedale. Da due giorni le sue condizioni di salute erano peggiorate tanto da indurre la moglie Gabriela Vasile a ricoverarlo nella clinica pisana di San Rossore da dove era stato dimesso alla fine della scorsa settimana perché giudicato ormai in fin di vita. L'ospedale di Arezzo aveva dato lo stesso responso e la famiglia aveva deciso di riportarlo a Villa Wanda.
Nato a Pistoia il 21 aprile del 1919, Gelli è stato condannato tra l'altro per depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna del 1980, dopo essere stato detenuto in Svizzera e Francia e coinvolto in varie inchieste, si era ritirato nella sua abitazione sulle colline di Arezzo. Lascia la seconda moglie Gabriela (la prima Wanda è scomparsa da tempo) e tre figli Raffaello, Maurizio e Maria Rosa (la quarta figlia Maria Grazia è morta nel 1988 in un incidente stradale). I funerali si svolgeranno probabilmente giovedi a Pistoia, mentre la camera ardente dovrebbe essere allestita nella chiesa di Santa Maria delle Grazie ad Arezzo.
Con la fine della sua vicenda umana, Gelli si porta appresso molti dei segreti che hanno segnato alcuni dei fatti più tremendi e oscuri della storia repubblicana. Non c'è stato grande mistero degli ultimi 50 anni che non lo abbia visto protagonista, diretto o indiretto. Il "burattinaio", "Belfagor", "il venerabile" sono alcuni degli epiteti coniati su questo ex commerciante di materassi aretino, fascista e franchista, grande tessitore di rapporti di potere occulti e con diffusi legami internazionali, protagonista di vicende giudiziarie, arresti, fughe e guai col fisco. La sua biografia dice che a 18 anni si arruolò come volontario nelle falangi di Franco per combattere contro la Repubblica di Spagna. Fascista e repubblichino, poi partigiano bianco, dopo la guerra si trasferisce in Sardegna e poi in Argentina, dove costruisce rapporti con Juan Peron e Lopez Rega. Tornato in Italia, comincia a lavorare nella fabbrica di materassi Permaflex e diventa direttore dello stabilimento di Frosinone. Poi diventa socio dei fratelli Lebole e proprietario dello stabilimento Gio.Le di Castiglion Fibocchi.
Nel 1963, Licio Gelli si iscrive alla massoneria e tre anni dopo il Gran maestro Gamberini lo trasferisce alla loggia "Propaganda 2", nata a fine Ottocento per permettere l'adesione riservata di personaggi pubblici. Nel 1975 la massoneria ufficiale decide lo scioglimento della P2 che, in realtà, da quel momento, sotto il totale dominio di Gelli, divenuto da segretario gran maestro, diventa una sorta di contropotere occulto e allarga i suoi tentacoli in ogni ramo delle istituzioni, dalle più alte a quelle locali. Per l'Italia è un illustre sconosciuto quando, il 17 marzo del 1981, i giudici milanesi Giuliano Turone e Gherardo Colombo, che indagano sul crac Sindona, arrivano a Villa Wanda e trovano una valigetta: dentro ci sono il Piano di rinascita democratica e una lista di iscritti alla P2 che provoca un terremoto nel mondo politico italiano.
Negli elenchi ci sono quasi mille nomi tra cui ministri, parlamentari, finanzieri come Michele Sindona e Roberto Calvi, editori, giornalisti, vertici militari, capi dei servizi segreti, prefetti, questori, magistrati, tutti smascherati nel loro patto di fedeltà agli obiettivi ed ai progetti della P2 e del suo venerabile capo, trasferiti dentro le istituzioni, nelle armi, nei giornali e nem mondo dell'economia. Si capisce che il loro compito è funzionale al Piano di rimascita, un progetto di trasformazione della Repubblica da parlamentare a presidenzialista, da realizzare attraverso l'infiltrazione dei ruoli-chiave delle istituzioni e un massiccio uso della propaganda attraverso media amici e da 'arruolare'. Ci sono, dentro, molti obiettivi che anni dopo si ritroveranno integri nei programni elettorali di Berlusconi, anch'egli iscritto alla loggia.
Saranno le inchieste e la storia giudiziaria di tutti gli anni successivi a svelare, via via, il livello di coinvolgimento di Licio Gelli nelle trame più oscure della Repubblica: direttamente o indirettamente, il suo nome spunta sin dai tempi del tentato golpe Borghese, nella strategia della tensione, nella bancarotta della Banca privata e nella fine tragica del suo padrone, Michele Sindona; nello scandalo del Banco Ambrosiano, concluso anche questo con la morte misteriosa del banchiere Roberto Calvi; nella scalata ai grandi gruppi editoriali, ma anche in inchieste di mafia e di Tangentopoli. Nei giorni del sequestro Moro, il comitato di crisi istituito dal ministro Francesco Cossiga risultò infarcito di iscritti alla P2.
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Tornando alla semplice cronaca, il 22 maggio 1981 scatta il primo ordine di cattura, ma Gelli è irreperibile. Verrà arrestato a Ginevra il 13 settembre 1982. Rinchiuso nel carcere di Champ Dollon, evade il 10 agosto 1983. Il 21 settembre 1987 si costituisce a Ginevra. Torna a Champ Dollon, che lascia il 17 febbraio 1988 estradato in Italia. L'11aprile ottiene la libertà provvisoria per motivi di salute. Il 16 gennaio 1997 c'è un nuovo ordine di arresto, ma il ministero della Giustizia lo revoca: il reato di procacciamento di notizie riservate non era tra quelli per cui era stata concessa l'estradizione.
Condannato per depistaggio nelle indagini per la strage di Bologna, il 22 aprile 1998 la Cassazione conferma anche la condanna a 12 anni per il Crac del Banco Ambrosiano. Il 4 maggio Gelli si rende di nuovo irreperibile: la fuga dura più di quattro mesi. Gli vengono concessi i domiciliari, che sconterà a Villa Wanda, la residenza dove è morto e che nell'ottobre 2013 gli venne sequestrata a conclusione di una indagine per un debito col fisco; la villa è rientrata nella sua disponibilità piena nel gennaio scorso per la dichiarata prescrizione dei reati fiscali. Nell'aprile 2013 i pm di Palermo dell'inchiesta Stato-mafia lo hanno sentito per gli intrecci tra P2, servizi ed eversione; altre vicende in cui Gelli era depositario di segreti che porta con sè nella tomba.
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