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franciosi2Dopo l'incendio dei giorni scorsi che ha distrutto il suo cantiere di Ameglia il testimone di giustizia dice: "Sono certo dell'origine dolosa ma le mie barche andranno comunque al Salone Nautico di Genova".
Val di Magra - Convive con l'amara sensazione di essere stato abbandonato dallo Stato Gianfranco Franciosi, il testimone di giustizia che meno di una settimana fa ha visto letteralmente andare in fumo il suo cantiere di Ameglia, distrutto da un incendio nella notte fra venerdì e sabato. Un rogo del quale non è ancora stata accertata l'origine anche se il noto meccanico navale non ha dubbi: “Quando la sera me ne vado non lascio nulla di elettrico acceso – spiega Franciosi – e per quanto non siano state effettuate analisi chimiche sono certo che sia stato doloso. Lo confermano anche lo sviluppo delle fiamme e le altissime temperature che hanno fuso alcuni pezzi di ghisa, come riscontrato anche dai periti della “Rischi e Perizie” che stanno svolgendo quello che avrebbe dovuto fare la Magistratura”. Fra le ipotesi prese in considerazione c'è stata anche quella di una ritorsione da parte della concorrenza ma il recentissimo passato di Franciosi porta inevitabilmente a scenari ancora più preoccupanti.
La sua vicenda, raccontata anche nel libro “Gli orologi del diavolo” scritto con il giornalista di Presa Diretta Federico Ruffo, parla infatti di lui come del primo civile – in gergo “agente interposto” - infiltrato per quattro anni all'interno di un'organizzazione internazionale che importava cocaina in Europa dalla Colombia. Un ruolo decisivo per l'esito dell'operazione Albatros che nel 2008 portò al sequestro di diverse tonnellate di droga e all'arresto della gang che da allora condannò a morte Franciosi e la sua famiglia stravolgendone la vita. Dopo quasi tre anni trascorsi sotto protezione in un programma di testimone di giustizia ne era uscito volontariamente dopo aver toccato con mano contraddizioni ed incongruenze derivanti dalla nuova identità, tornando così alla propria vita potendo contare, sulla carta, sugli standard di tutela previsti. “Uscire dal programma testimoni – spiega, mentre nell'aria c'è ancora l'odore acre provocato dalle combustioni di resina e solventi – significa perdere casa e stipendio dati dallo Stato ma non la protezione. La legge deve provvedere alla mia sicurezza e a quella della mia famiglia ma pur avendo inviato due volte il documento e chiesto di essere ricevuto dal Prefetto della Spezia non sono mai stato ascoltato. Io voglio solo sapere se sono in pericolo di vita oppure no, lo Stato deve dirmi cosa è accaduto qui la settimana scorsa e perché non posso fare il mio mestiere sentendomi al sicuro”.

Fra gli altri al suo fianco c'è anche Ignazio Cutrò, imprenditore siciliano e presidente dell'associazione nazionale dei testimoni di giustizia. “Gianfranco vuole vivere e fare una vita normale – afferma – come me e come le altre 150 persone che in Italia sono nella nostra situazione, siamo persone civili, cittadini che hanno fatto qualcosa per l'Italia. Mi appello direttamente al Ministro Alfano perché prenda in mano la situazione e faccia ciò che non avviene a livello locale. È facile parlare di “ex testimoni” - denuncia - ma si rimane testimoni di giustizia per tutta la vita perché le mafie non dimenticano ed è quindi doveroso fare luce su quello che accade. Io ringrazio l'Arma dei Carabinieri che mi ha aiutato ed adottato ma persone come lui non possono essere abbandonate, qualcuno deve dare delle risposte perché non voglio piangere un'altra persona e perché deve poter continuare la sua vita e il suo lavoro. Noi siamo pronti a venire qui a proteggerlo ma anche ad aiutarlo a terminare le barche perchè questa sarebbe una grande vittoria”.

Nel rogo di venerdì notte, che ha causato danni per circa centomila euro, è andato infatti distrutto anche il locale nel quale custodiva lo stampo di una chiglia della linea “Gioia” che sarebbe stato premiato al Salone Nautico di Genova. “Abbiamo ricomprato gli allestimenti – spiega lui stesso – e stiamo lavorando giorno e notte per portare a termine i lavori. Proprio stasera due barche partiranno per Genova e grazie alla disponibilità degli organizzatori altre due potranno essere portate in tempo per l'apertura grazie anche al Nop (Nucleo Operativo Protezione) che garantirà la sicurezza nel viaggio. In questi giorni ho sentito grande solidarietà da parte dei colleghi e dal Comune di Ameglia che è sempre stato al mio fianco e che grazie alla recente fiera nautica di Bocca di Magra fatta con la Confartigianato mi aveva dato una grande motivazione in vista dell'appuntamento genovese”.
Una vicinanza testimoniata anche dalla presenza dell'assessore comunale Emanuele Cadeddu in rappresentanza proprio dell'Amministrazione e degli operatori: “Mi unisco – sottolinea – all'appello alle Istituzioni affinché Gianfranco e la sua famiglia possano tornare a vivere in piena serenità e sicurezza, auspicando che questa brutta pagina possa essere chiusa”.
Dopo questo episodio, che ha seguito altre due intimidazioni subite dall'uscita del programma, Franciosi ha presentato alla commissione centrale la richiesta di protezione in loco per tornare sotto tutela ma con il sistema nazionale anziché locale, supportato anche dalla mobilitazione di alcuni esponenti politici. Fra questi il deputato del Pd Davide Mattiello della commissione Antimafia che all'indomani dell'incendio aveva sottoposto il caso al Prefetto spezzino ma anche della consigliere comunale del Movimento 5 Stelle della Spezia Colombini che lunedì aveva presentato una mozione approvata all'unanimità. Cinquestelle impegnati anche a livello nazionale dato che la senatrice Sara Paglini ha chiesto ufficialmente al Ministro Alfano di attivarsi per garantire la sicurezza di Franciosi che nei prossimi giorni verrà ascoltato anche dalla commissione europea antimafia che si attiverà per sollecitarne la tutela.

cittadellaspezia.com

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