“”Di dissociazione si parlava nel “papello” di Riina, ma la proposta fu rilanciata anche in un secondo momento dal capomafia Pietro Aglieri. Quest'ultimo, attraverso alcuni sacerdoti, cercò di poter comunicare a esponenti delle istituzioni la ferma volontà da parte di alcuni mafiosi di volersi consegnare, chiedendo allo Stato di poter iniziare una vita nuova senza essere obbligati ad accusare i compagni.”” Questo il tema oggi discusso a Palermo alla trattativa Stato mafia. Ricordiamo benissimo quando ci siamo ribellati a quanti volevano consentire ai mafiosi rei di strage quella dissociazione che fu tipica delle Brigate Rosse. Senza peraltro considerare la forza organizzativa di criminali come gli uomini di cosa nostra.
Non gli pareva vero ai capi di cosa nostra poter dire: "mi dissocio, ma mi tengo tutti i miei beni illeciti, le armi, non faccio i nomi dei mei complici e tanto meno dei politici, e non consegno armi".
Ancora una volta stamane con le testimonianze nell’aula di Palermo dove si svolgeva il processo così detto trattativa Stato mafia, abbiamo ancora una volta compreso di quanto i nostri figli siano stati “carne da macello” in seno ad una trattativa che non è mai smessa neppure negli anni che hanno seguito quel maledetto 1993, forse proprio attraverso i tentativi di far passare la “Dissociazione” per i capi mafia.
Giovanna Maggiani Chelli
Presidente Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili