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moncalieri-palazzo-comunaleda 19luglio1992.com - 31 gennaio 2014
Con l'esposizione di uno striscione sul palazzo del comune, la lettera e la delibera allegati, anche il consiglio comunale di Moncalieri in provincia di Torino, mostra la propria solidarietà al PM Nino Di Matteo e all'Avv. Fabio Repici aderendo all'appello di Salvatore Borsellino e del Movimento Agende Rosse “Rompiamo il silenzio sulle minacce a Nino Di Matteo e Fabio Repici”:

Nino Di Matteo nasce a Palermo nel 1961. Entra in magistratura e indossa la toga per la prima volta la sera del 24 maggio 1992, all'indomani della strage di Capaci, per il picchetto d'onore nell'atrio del Palazzo di Giustizia di Palermo davanti alle bare di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. Una scena destinata a ripetersi il 19 luglio per Borsellino. Pochi giorni dopo, Di Matteo è uno dei giudici ragazzini che prendono servizio alla Procura di Caltanissetta, bisognosa di rinforzi per occuparsi delle due stragi. Nel '93 è già sotto scorta: indaga sulla mafia di Gela, che subito gliela giura. Intanto sposa Anna, che gli darà due figli. Segue le indagini sull'assassinio del giudice Saetta e sugli eccidi Chinnici, Falcone e Borsellino, ma anche su una miriade di delitti mafiosi meno “eccellenti”. Nel '99 passa alla Dda di Palermo. Lì segue le uniche indagini importanti di quel periodo grigio: su Totò Cuffaro e le altre talpe del boss Guttadauro e del costruttore colluso Aiello (tutti condannati); e sulla mancata cattura di Provenzano nel '95 da parte del Ros del generale Mori. È anche pm nel processo al poliziotto colluso Ignazio D'Antone (condannato). Poi, con l'arrivo del procuratore Messineo e la ripresa delle indagini su mafia e politica, affianca l'aggiunto Ingroia nel processo sulla trattativa e sulle verità indicibili delle stragi che porta al rinvio a giudizio di tutti e 12 gli imputati (sei per lo Stato, sei per la mafia). Ma Di Matteo e i colleghi Teresi, Delbene e Tartaglia non s'accontentano e seguitano a indagare sui mandanti del patto occulto retrostante le stragi.
Arriviamo così all’attualità. Il capo di Cosa Nostra, Salvatore Riina, detenuto a regime carcerario 41-bis, negli ultimi mesi minaccia più volte il pm Nino Di Matteo e tutti i magistrati che si occupano dell’inchiesta sulla trattativa avvenuta tra pezzi dello Stato e di Cosa Nostra nel biennio ’92-’93. "Di Matteo deve morire. E con lui tutti i pm della trattativa, mi stanno facendo impazzire – ha urlato Totò Riina ad un altro detenuto – Quelli lì devono morire, fosse l'ultima cosa che faccio". "Questo Di Matteo non se ne va, gli hanno rinforzato la scorta e allora, se fosse possibile, ad ucciderlo... Un’ esecuzione come eravamo a quel tempo a Palermo con i militari", "ti farei diventare il primo tonno, il tonno buono".
Queste minacce necessitano di una risposta chiara e forte. Da qui la volontà di esprimere una solidarietà che arrivi chiara e forte nei luoghi da dove queste minacce sono partite, perché la mafia trova e accresce il suo potere nel silenzio e nell'omertà; una solidarietà che prenda forza dal consenso dell’intera nazione, che sia ripresa e rilanciata dai Comuni più periferici fino ad arrivare alle più alte Istituzioni.
Una solidarietà che, da tutta Italia, faccia passare chiaro il messaggio che tutti i tentativi di sfidare la sovranità dello Stato, minacciando la vita dei suoi uomini più esposti e preziosi, di attentare al diritto alla convivenza pacifica e alla legittima pretesa di giustizia e verità della comunità, non saranno tollerati e saranno repressi con tutti gli strumenti a disposizione in uno Stato di diritto.
"Si muore generalmente perché si è soli".
Questa affermazione di Giovanni Falcone, espressa poco tempo prima di morire, evidenzia molto chiaramente la consapevolezza di quanto l'arroganza e il potere mafiosi siano anche conseguenza e causa della debolezza della politica e di una ridotta consapevolezza dei cittadini, “la mafia
colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere” aggiungeva infatti il giudice Falcone.
In questi giorni, purtroppo, questa frase svela tutta la sua terribile attualità.
Riina nelle conversazioni intercettate aggiunge anche “Mi viene una rabbia, ma perché questa popolazione non vuole ammazzare a nessun magistrato? A tutti … ammazzarli, proprio andarci armati e vedere … Si ingalluzziscono, proprio si ingalluzziscono… perché c’è la popolazione che li difende, che li aiuta”
Per questi motivi, il Movimento delle Agende Rosse, guidato da Salvatore Borsellino (fratello di Paolo), che da anni si batte affinché sia fatta luce sulla stagione delle stragi del ’92-‘93 e sulla trattativa tra mafia ed esponenti dello Stato, ha promosso un appello di solidarietà e vicinanza a Nino Di Matteo al quale il Comune di Moncalieri ha scelto di aderire.
“Sono morti anche perché noi non siamo stati abbastanza vivi”. E’ il monito che il procuratore capo di Torino, Gian Carlo Caselli, ripete ad ogni incontro pubblico. “Mai abbassare la guardia, perché sono l’isolamento, la delegittimazione e la solitudine di chi combatte in prima linea le mafie, le premesse alla loro eliminazione fisica”.
Non lasciamoli soli.


MOZIONE

OGGETTO: Adesione del Consiglio Comunale di Moncalieri all’appello di solidarietà
“Rompiamo il silenzio sulle minacce a Nino Di Matteo e Fabio Repici”


Visto

L’appello promosso dal Movimento delle Agende Rosse e da Salvatore Borsellino “Rompiamo il silenzio sulle minacce a Nino Di Matteo e Fabio Repici”, che si allega al presente atto per farne parte integrante e sostanziale, con il quale viene chiesto ai Comuni il sostegno nel chiedere alle alte istituzioni governative statali maggiore protezione per i magistrati delle Procure di Palermo e Messina e per l’avvocato Fabio Repici minacciati dalla mafia e che prenda posizione nei confronti del C.S.M. sul procedimento nei confronti del P.M. Antonino Di Matteo, accusato di aver violato l’obbligo di riservatezza sull’esistenza delle intercettazioni telefoniche tra Nicola Mancino e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e, infine, che sostenga la necessità di una seduta straordinaria della Commissione parlamentare Antimafia dedicata ad approfondire ciò che è emerso dalle più recenti indagini e dai processi in corso a Palermo e Messina sulle complicità tra Cosa Nostra ed esponenti dello Stato.

Considerato che

L’Amministrazione comunale ha il dovere di avviare in tutte le sedi una forte mobilitazione per testimoniare la solidarietà politica e istituzionale, ribadendo l’impegno del Comune di Moncalieri nella lotta contro le mafie;


Il Consiglio Comunale

DELIBERA

Per le motivazioni indicate in premessa:

. Di approvare l’appello “Rompiamo il silenzio sulle minacce a Nino Di Matteo e Fabio Repici”, di cui vengono condivisi i contenuti e le azioni da intraprendere, esprimendo la totale e incondizionata solidarietà per il lavoro svolto dal P.M. Antonino Di Matteo e dall’avvocato Fabio Repici per il lavoro svolto, l’alto senso dello Stato e l’impegno profuso al ripristino della legalità contro la criminalità mafiosa.
 

APPELLO

“ROMPIAMO IL SILENZIO SULLE MINACCE A NINO DI MATTEO E FABIO REPICI”

"Si muore generalmente perché si è soli".

Questa affermazione di Giovanni Falcone, espressa poco tempo prima di morire, evidenzia molto chiaramente la consapevolezza di quanto l'arroganza e il potere mafiosi siano conseguenza e causa dei travagli della politica. In questi giorni, purtroppo, questa frase svela tutta la sua terribile attualità.

Il capo di Cosa Nostra, Salvatore Riina, detenuto a regime carcerario 41-bis, pochi giorni fa ha minacciato il PM Nino Di Matteo e tutti i magistrati che si occupano dell’inchiesta sulla trattativa avvenuta tra pezzi dello Stato e di Cosa Nostra nel biennio ’92-’93. "Di Matteo deve morire. E con lui tutti i pm della trattativa, mi stanno facendo impazzire – ha urlato Totò Riina ad un altro detenuto –. Quelli lì devono morire, fosse l'ultima cosa che faccio".

Il 17 ottobre Rosario Pio Cattafi, imputato a Messina per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso con l’aggravante di aver promosso e diretto l’organizzazione mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, ha pesantemente minacciato l'avvocato di tanti familiari di vittime di mafia Fabio Repici. "Avrei dovuto prendere a schiaffi l'avvocato Fabio Repici, mi pento di non averlo fatto – ha affermato Cattafi –. Auguro con tutto il cuore all'avvocato Repici di subire tutto quello che ha fatto subire ad altri". Cattafi è attualmente detenuto a regime carcerario 41-bis ed è pregiudicato per i reati di lesioni, porto e detenzione abusivi di arma, cessione di sostanze stupefacenti e calunnia.

Riprendendo l’analisi di Giovanni Falcone, quel vero e proprio appello del giudice, allora rimasto inascoltato, vogliamo oggi manifestare vicinanza e solidarietà all’avvocato Fabio Repici e ai magistrati palermitani Antonino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia, Vittorio Teresi e Roberto Scarpinato.

Vogliamo che questa solidarietà arrivi chiara e forte nei luoghi da dove queste minacce sono partite, perché la mafia trova e accresce il suo potere nel silenzio e nell'omertà; una solidarietà che prenda forza dal consenso dell’intera nazione, che sia ripresa e rilanciata dai Comuni più periferici fino ad arrivare alle più alte Istituzioni.

Una solidarietà che, da tutta Italia, faccia passare chiaro il messaggio che tutti i tentativi di sfidare la sovranità dello Stato, minacciando la vita dei suoi uomini più esposti e preziosi, di attentare al diritto alla convivenza pacifica e alla legittima pretesa di giustizia e verità della comunità, non saranno tollerati e saranno repressi con tutti gli strumenti a disposizione in uno Stato di diritto.

Ribadiamo, pertanto, l'estrema necessità di una presa di posizione netta da parte delle Istituzioni a sostegno dei magistrati di Palermo e dell'avvocato Fabio Repici, sostegno che potrà essere dimostrato solo tramite azioni concrete come:

. La convocazione del Comitato per l’ordine e la sicurezza nelle città di Palermo e Messina e l’adozione immediata di urgenti provvedimenti per la tutela dell’incolumità, rispettivamente, dei magistrati minacciati da Totò Riina e dell’avvocato Repici minacciato da Rosario Cattafi.
 
. L’archiviazione da parte del CSM del procedimento disciplinare avviato a carico del sostituto procuratore Nino Di Matteo che avrebbe rilevato in un’intervista ad un quotidiano l’esistenza di intercettazioni telefoniche tra Nicola Mancino ed il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (notizia già diffusa in precedenza da altre testate giornalistiche).

. Una seduta straordinaria della Commissione parlamentare Antimafia – che invece stenta a partire – dedicata ad approfondire ciò che è emerso dalle più recenti indagini e dai processi in corso a Palermo e Messina sulle complicità tra Cosa Nostra e potere.

Chiediamo che le Istituzioni dimostrino nei fatti l'impegno dello Stato nel portare avanti quegli ideali di verità e giustizia che mossero la vita e le scelte di persone come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, prendendo sulle proprie spalle la loro pesante ma bellissima eredità.

Salvatore Borsellino ed il Movimento delle Agende Rosse (18 Novembre 2013)

Tratto da: 19luglio1992.com

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